mercoledì 3 agosto 2011
Carri armati hanno occupato la piazza principale di Hama, bombardata ieri sera nel terzo giorno dell'intervento per stroncare le proteste contro il regime di Assad. Intanto il Consiglio di sicurezza dell'Onu non trova l'accordo sulla Siria.
INTERVISTA - Il ministro Frattini: «Da Roma quasi un ultimatum a Damasco»
- Lorenzo Trombetta, giornalista esperto di questioni mediorientali (audio da Radio inBlu)
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Carri armati dell'esercito siriano hanno bombardato la città di Hama ieri sera, dopo le preghiere serali del Ramadan, nel terzo giorno dell'intervento armato volto a stroncare alcune delle proteste più massicce contro il regime del presidente Bashar al Assad in cinque mesi di rivolte in Siria. Lo hanno reso noto abitanti locali.Il bombardamento si è concentrato sui sobborghi orientali di Rubaii e di Al Hamdiyah, sulla strada per Aleppo a nord, e il quartiere orientale di Baath.Un gruppo di manifestanti che ha cercato di radunarsi nel quartiere centrale di Alamein dopo le preghiere che segnano la fine della giornata di digiuno nel mese sacro per i musulmani sono stati dispersi dalle truppe a colpi di arma da fuoco.Nuova 'fumata grigià del Consiglio della Sicurezza dell'Onu sulla Siria: i Quindici hanno sospeso la loro terza riunione della settimana su Damasco senza un accordo, ma Brasile e Gran Bretagna - che guidano due diverse scuole di pensiero alle Nazioni Unite - stanno tentando di conciliare le loro posizioni. La delegazione di Londra, in particolare, è stata incaricata di unire gli elementi proposti dagli occidentali con le idee del 'fronte non allineatò, nel tentativo di avere 14 voti su 15 (il Libano ha fatto sapere che non voterà alcun testo). I Paesi europei in Consiglio, appoggiati dagli Stati Uniti, vorrebbero una risoluzione di condanna senza sconti per le repressioni ordinate dal regime di Bashar al Assad. Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (le economie emergenti 'Brics', che siedono tutte in Consiglio) hanno una posizione più sfumata: propongono di condannare le violenze perle quali "tutte le parti", non solo le autorità siriane, "dovranno essere responsabili".In un documento messo sul tavolo dalla delegazione brasiliana, oltre a chiedere "la fine immediata di tutte le violenze", si fa "riferimento alle azioni già intraprese dal governo siriano per lanciare dialogo e riforme", azioni che vanno "rese concrete ed ampliate".
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