giovedì 7 marzo 2013
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Le critiche internazionali non hanno fermato finora la “legge nera”. Che negli ultimi trent’anni è stata usata per rinchiudere nelle celle pachistane oltre 4mila persone. E che settori del mondo islamico pakistano continuano a “brandire” come un feroce strumento di repressione delle minoranze. Migliaia di cattolici, evangelici, ahmadi, indù, islamici sciiti e – anche – sunniti sono finiti dietro le sbarre senza prove. Per venire stritolato dagli ingranaggi alla cosiddetta norma “anti-blasfemia”, è spesso sufficiente una denuncia. «Il provvedimento, però, non colpisce in tutto il Pakistan allo stesso modo – spiega Mobeen Shahid, esperto della Pontificia Università Lateranense –. Nelle aree più remote, dove le discriminazioni nei confronti delle minoranze sono nette e l’emarginazione più evidente, le accuse di blasfemia sono limitate. Invece, man mano che ci avviciniamo ai centri metropolitani, a quelle periferie di Lahore, Islamabad, Karachi, dove cristiani e indù stanno riuscendo a ritagliarsi uno spazio economico e sociale, i casi di asserita "blasfemia" si moltiplicano». Eppure, timidamente, qualcosa sta cambiando anche in Pakistan. Dopo la vicenda di Rimsha – la ragazzina cristiana e disabile accusata ingiustamente di aver bruciato le pagine del Corano e poi liberata –, l’opinione pubblica «sta iniziando a prendere coscienza degli abusi a cui tale normativa si presta», aggiunge Shahid che oggi sarà all’Università di Foggia per presentare la sua ricerca su “Religione e libertà in Pakistan”.Professore, che cosa è mutato nel sentire della gente dopo il caso Rimsha?I cittadini sono più consapevoli dell’utilizzo improprio della legge anti-blasfemia. Rimsha, infatti, è stata denunciata dall’imam del quartiere per una vendetta personale e le prove sono state manipolate. Il caso, inoltre, costituisce un precedente giuridico: a finire sotto processo per falsa testimonianza è stato l’accusatore. Tant’è vero che dopo Rimsha è stato scagionato anche un insegnante di Lahore. Al suo posto, è finito in prigione il nipote che lo aveva falsamente incolpato. <+nero>Attivisti e associazioni internazionali hanno espresso da tempo forti perplessità sulla legge anti-blasfemia. Eppure in Pakistan si fatica a capire quanto sia strumentalizzabile. Come mai? <+tondo>In realtà, è in corso una riflessione per evitare gli abusi connessi alla norma. Non c’è, però, una volontà di cancellarla: quest’ultima è stata formulata nel dettato attuale nel periodo della guerra tra i mujaheddin afghani e l’Armata Rossa. Il Pakistan era coinvolto nella preparazione dei combattenti musulmani a cui occorrevano norme forti a difesa dell’islam. La legge sulla blasfemia è un simbolo di questa volontà di tutelare la religione islamica.Al di là del valore religioso, questa legge è anche uno strumento di controllo sociale nei confronti delle minoranze?Il Pakistan ha ereditato, a livello culturale, il modello di caste dell’India, Paese a cui era unito fino al 1947, con una forte discriminazione nei confronti dei cosiddetti “intoccabili”. Ora non ci sono discriminazioni formalizzate, tuttavia il rifiuto sociale è diffuso. Storicamente c’è una coincidenza tra “intoccabili” ed esponenti delle minoranze: già nell’era delle dominazione britannica, i primi si erano convertiti massicciamente al cristianesimo. Altri sono rimasti indù. Pochi sono sempre stati islamici. Alle ragioni religiose, dunque, si sovrappone la discriminazione sociale. Che si fa tanto più forte quanto maggiormente le minoranze acquisiscono consapevolezza dei propri diritti e li reclamano.Le accuse di blasfemia diventano, dunque, anche un modo per impedire l’emancipazione delle minoranze?Di sicuro ne ostacolano l’ascesa. Attenzione: anche gli islamici cadono vittima della legge. In quel caso, però viene colpita solo la persona. Quando gli accusati sono, invece, cristiani, indù, ahmadi, nel mirino delle folle aizzate finisce l’intera comunità religiosa. Che viene attaccata, spesso costretta a fuggire, a nascondersi.La recente decisione di sostituire la parola «minoranze» con «cittadini non musulmani» può aiutare a rimuovere le discriminazioni?Non credo. Perché inserire un connotato religioso della cittadinanza? Se tutti i pachistani sono uguali che necessità c’è di precisarne l’appartenenza religiosa? Non dimentichiamoci che i non islamici sono esclusi dalla carica di presidente o premier.
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