sabato 12 novembre 2011
Un anno dopo il rilascio dagli arresti domiciliari, la leader si prepara a scendere nuovamente in campo. Già a dicembre potrebbe far parte del nuovo Parlamento, nelle fila di una ricostituita "Lega nazionale per la democrazia".
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L'annuncio ufficiale arriverà probabilmente la prossima settimana, ma la notizia già trapela dagli ambienti vicini alla "Signora" della Birmania: Aung San Suu Kyi - un anno dopo il rilascio dagli arresti domiciliari - si prepara a tornare attivamente in politica, candidandosi in elezioni suppletive. Elezioni che potrebbero portarla già a dicembre nel nuovo Parlamento, nelle fila di una ricostituita "Lega nazionale per la democrazia" (Nld), in opposizione al governo civile dell'ex generale Thein Sein."È probabile che l'Nld si registrerà e Suu Kyi parteciperà alle prossime elezioni", ha dichiarato oggi il portavoce Nyan Win, dopo che la scorsa settimana alcune restrizioni legislative sono state allentate in modo da consentire al movimento - sciolto forzatamente in seguito alla decisione di boicottare le elezioni-farsa del novembre 2010 - di ricostituirsi nuovamente come legittimo soggetto politico della Birmania. Una decisione in merito verrà presa dopo un convegno del partito il prossimo venerdì. Ma già lunedì 14, quando Suu Kyi terrà una conferenza stampa per celebrare il primo anniversario, domani,  della sua liberazione da sette anni di prigioniera in casa, la "Signora" potrebbe aggiungere nuovi dettagli. È probabile che la candidatura avvenga in un collegio di Rangoon lasciato vacante dopo la promozione di Aung Kyi - il maggiore interlocutore di Suu Kyi nel governo - a ministro del Lavoro. La candidatura di Suu Kyi coronerebbe un anno di progressivo disgelo tra il regime e la sua nemesi. All'inizio si temeva che il rilascio del premio Nobel per la pace fosse un contentino per la comunità internazionale. Lei però ha da subito adottato un atteggiamento pragmatico. Guidando l'Nld dagli arresti domiciliari la sua linea era che con il regime non si trattava; da donna libera ha iniziato a parlare di "riconciliazione nazionale", dando l'impressione di testare i suoi spazi di manovra. Ancora lo scorso giugno, di fronte alla sua rinata attività "dal basso", il regime le aveva intimato di star fuori dalla politica.Man mano che il nuovo presidente birmano Thein Sein - un ex generale che si sta guadagnando l'etichetta di "progressista" - ha consolidato il suo potere, il dialogo tra la premio Nobel e il governo si è comunque infittito. In agosto è poi arrivato un primo faccia a faccia tra "la Signora" e l'ex generale, di cui Suu Kyi si è detta "felice e soddisfatta". Da lì, il governo ha introdotto una serie di misure distensive: un invito ai dissidenti della diaspora a tornare in patria, l'allentamento della censura mediatica e infine il rilascio di oltre 200 prigionieri politici. Una seconda amnistia è data per imminente. Sviluppi di fronte a cui gli osservatori sono divisi: da una parte c'è chi parla di una possibile "primavera birmana", altri intravedono una cinica manovra di potere per arrivare alla rimozione delle sanzioni occidentali e sganciarsi così dal soffocante abbraccio della Cina. In questo scenario, Suu Kyi sembrava voler accettare un ruolo che le permetta di essere influente dietro le quinte, preparando le condizioni per un cambiamento sul lungo termine. Una sua candidatura potrebbe però accelerare i tempi.
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