venerdì 25 settembre 2015
Orfano, aveva perso la sorella lungo il viaggio. Ha cercato di tagliarsi la gola con un frammento di lattina nel campo di transito di Opatovic. La triste vicenda raccontata dall'Unicef.
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Non voleva davvero uccidersi, un bambino di appena 9 anni non può sapere cos'è il suicidio. Ma certo il dolore che ha vissuto è stato così grande ​da spingerlo a un gesto eclatante, forse più per attirare l'attenzione su di sé che davvero per farla finita.Il fatto è stato raccontato dall'Unicef: un bambino afghano di 9 anni ha tentato il suicidio nel centro di accoglienza di Opatovac, in Croazia. Maneggiava la tasca dei calzoni, mentre con l'altra mano disegnava. Insospettito dal movimento, un operatore è intervenuto, e il bambino improvvisamente ha tirato fuori dalla tasca un oggetto metallico e ha tentato di conficcarselo nel collo. Il volontario è riuscito a bloccarlo, per poi accorgersi che la tasca era piena di oggetti metallici appuntiti, frammenti di una lattina di bibita. Il piccolo non è nemmeno riuscito a ferirsi, ma ha iniziato a gridare: "Voglio morire, voglio morire". Poi il bambino è stato ascoltato dagli psicologi del centro ed è venuta fuori la sua storia angosciosa: il padre è stato assassinato in Afghanista, la madre è  morta e lui era scappato con uno zio e la sorella, morta durante il viaggio. Zio e nipotino avevano intenzione di raggiungere la Germania. L'Unicef ha reso nota questa storia anche per sottolineare le difficili condizioni psicologiche in cui vivono tanti bambini profughi che stanno arrivando in Europa. Il campo di Opatovac può ospitare 5mila persone e in questi gioni ne sono transitate 4mila al giorno, di cui mediamente 800 bambini. Si tratta di un campo di transito, dove i profughi restano un paio di giorni per ricevere aiuti e poi proseguire verso il cuore dell'Europa.
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