venerdì 7 gennaio 2022
Nel discorso sul primo anniversario dell’assalto al Congresso, il dem punta il dito sul rivale: «Le sue bugie alla base della rivolta». Ma il tycoon replica: «Utilizza il mio nome per dividerci»
Il presidente Usa Joe Biden

Il presidente Usa Joe Biden - Ansa

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Un intervento duro, chiaro, in cui Joe Biden, pur senza citarlo mai per nome, lancia un netto j'accuse contro Donald Trump e le sue responsabilità sull'assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Nel primo anniversario dell'attacco il capo della Casa Bianca, al quale la folla di sostenitori del tycoon voleva impedire la certificazione della vittoria elettorale, è tornato a parlare, brevemente preceduto dalla sua vice Kamala Harris, nella culla democrazia americana, violata dodici mesi fa come mai sarebbe stato ipotizzabile. «Dobbiamo essere assolutamente chiari su ciò che è vero e ciò che è una bugia. Ecco la verità: l'ex presidente degli Stati Uniti d'America ha diffuso una rete di bugie sulle elezioni del 2020», bugie che hanno fomentato quell'accozzaglia di complottisti e suprematisti che guidarono la marcia sul Congresso. Per Trump, «il suo ego ferito conta più della nostra democrazia o della nostra Costituzione – ha scandito Biden – non può accettare di aver perso». Ecco perché il repubblicano «non fece nulla durante l'assedio di Capitol Hill», anzi ha «cercato di sovvertire la Costituzione» e di «riscrivere la storia, tessendo una tela di menzogne a danno degli interessi del Paese».

Il 6 gennaio di un anno fa c'è stata una vera e propria «insurrezione armata», ha sottolineato il democratico, un'insurrezione che aveva l'obiettivo di «impedire la transizione pacifica dei poteri attraverso un gruppo di balordi, come tutto il mondo ha potuto vedere». I «rivoltosi» che hanno assaltato il Congresso «hanno tenuto un pugnale alla gola dell'America»: si definivano patrioti, ha ricordato il democratico, una definizione che secondo il presidente andrebbe data ai 150 milioni di americani che hanno votato alle presidenziali del 2020. «La democrazia ha tenuto, il popolo ha resistito», è la convinzione di Biden. «Non puoi amare il tuo Paese solo quando vinci. Non puoi seguire le leggi solo quando è conveniente», ha aggiunto ancora il presidente Usa parlando del suo predecessore.

E ancora: «Non facciamo errori: questo è un momento decisivo della storia, sia in Usa che all'estero. Siamo impegnati in una lotta tra democrazia e autocrazia, vedi Cina e Russia, tra le aspirazioni di molti e l'avidità di pochi. Dicono che la democrazia è troppo lenta per risolvere i problemi di oggi e scommettono che l'America diventerà come loro. Ma noi non lo saremo mai». Il 6 gennaio, per il democratico, pur avendo rappresentato un giorno buio non c'è stata «la fine della democrazia, ma la sua rinascita». «Siamo in lotta per l'anima dell'America, vinceremo», è stata la sua esortazione al termine dei 25 minuti di discorso.

In caduta libera nei sondaggi, Biden è apparso più che determinato ieri a riprendersi la scena, in vista di un anno che culminerà nelle elezioni di midterm di novembre che vedono i repubblicani favoriti. Nei sondaggi per le presidenziali del 2024, Trump è largamente in testa nelle intenzioni di voto sui candidati del Grand old party. L'altra sera aveva rinunciato a pronunciare un contro-discorso nell'anniversario dell'assalto al Congresso, ma ieri, dopo le parole di Biden, ha voluto comunque replicare: «Biden usa il mio nome per dividere l'America, lui ha fallito». In ogni intervento Trump rilancia (senza prove) la sua teoria cospirativa delle «elezioni rubate», definendole addirittura «il crimine del secolo». Tuttora il 70% degli elettori repubblicani pensa che Biden sia stato eletto in modo illegittimo.

Sui fatti del 6 gennaio indagano sia il Fbi che la Commissione d'inchiesta della Camera, che punta a pubblicare un rapporto preliminare in estate e uno definitivo in autunno. In particolare, la Commissione sta cercando di accertare l'esistenza di un piano preordinato e le responsabilità dell'ex inquilino della Casa Bianca. Tra le ultime mosse della Commissione l'invito a collaborare volontariamente rivolto all'ex vicepresidente Mike Pence, su cui si concentrarono le pressioni di Trump per bloccare e ribaltare la certificazione dell'esito elettorale. Le persone incriminate sono finora oltre 700, di cui una settantina già condannate. Ma resta la polemica sulla mancata contestazione di reati eversivi, che comporta un aggravio di pena di 15 anni, nonostante i procuratori federali abbiano dichiarato pubblicamente che sicuramente i fatti del 6 gennaio si qualificano come «terrorismo interno».

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