Joe Biden è riuscito a rimanere solo
sabato 5 febbraio 2022

Nel suo primo anno alla presidenza Joe Biden ha indicato Russia e Cina come i due ostacoli principali alla sua visione dell'ordine internazionale e dei diritti umani, che doveva ridimensionare per ridare agli Usa l'influenza e la statura morale perse durante la presidenza Trump. I rivali non avevano lo stesso peso, chiaramente, ed era chiaro che per il capo della Casa Bianca la Russia era un bullo da rimettere al suo posto per potersi dedicare al vero problema: l'espansione economica e geopolitica cinese. È stata una sottovalutazione. All'inizio del suo secondo anno, il presidente Usa si trova messo all'angolo da un asse sempre più solido fra Vladimir Putin e Xi Jinping. È un asse del «potere forte», che ricorda agli Stati Uniti che il mondo, nel XXI secolo è tornato a una competizione tra grandi potenze che lascia poco spazio alla politica estera del “soft power”, basata su autorità morale, alleanze diplomatiche e sostegno alla democrazia. Le alleanze su cui Biden può contare, infatti, sono deboli: l'Europa proclama a una sola voce amicizia per Washington, ma poi gestisce le crisi pragmaticamente e in ordine sparso. Biden inoltre è debole in patria e rischia di non essere rieletto per un secondo mandato. Per due leader che Putin e Xi che misurano (o contano di misurare) la loro presa del potere in decenni, un presidente americano in carica per quattro anni non è degno di nota.

La forte pressione della Cina su Taiwan e le mosse della Russia contro l'Ucraina hanno già riportato a galla concetti del XIX secolo come «sfere di influenza». La loro alleanza urla agli Usa che deve fare i conti con la loro visione del mondo. La domanda ora è se Biden può adattarsi alla realtà e se gli strumenti che ha usato finora per trattare con Russia e Cina – come le sanzioni – siano ancora utili. Per alcuni esperti, il boicottaggio diplomatico Usa delle Olimpiadi di Pechino e la minaccia di misure economiche contro Mosca – escludendo una risposta militare –, hanno dimostrato poca determinazione, invitando persino azioni più provocatorie. Questo perché negavano uno degli obiettivi chiave delle recenti azioni di Putin, vale a dire convincere gli Stati Uniti a trattare la Russia come la grande potenza che il leader russo crede di aver ricreato. Xi è stato più astuto, offrendo al collega russo il riconoscimento di cui ha bisogno in cambio di una sponda solida che lo aiuti a respingere le intrusioni di Washington nei propri affari, che siano domestici (gli uighuri) o all'interno della sua «sfera di influenza», leggi Taiwan e Hong Kong.

Per Biden è forse troppo tardi per cercare di dividere i due avversari e affrontarli individualmente, come aveva sperato. Ma un primo passo inevitabile a questo punto potrebbe essere prendere più sul serio le preoccupazioni sulla sicurezza russe. Questo se spera di rimuovere Mosca dalla sua lista di preoccupazioni quotidiane e di poter rivolgere la sua attenzione alla principale sfida alla potenza americana nel XXI secolo: la Cina.

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