mercoledì 23 novembre 2016
La figlia dell'attivista assassinata racconta la lotta per la difesa degli indigeni lenca minacciati dalle multinazionali
«Difendo l'ambiente nel nome di mia madre, Berta Cáceres»
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«E’ stata mia madre ad insegnarmi ad essere ribelle. Continuare la sua lotta è il modo migliore per onorarne la memoria». Bertita Zuñiga Cáceres ha lo stesso sguardo profondo della madre, di cui porta il nome. Un onore e una responsabilità per una ragazza di 25 anni. Bertita, però, non s’è tirata indietro. Da quando l’altra Berta è stata assassinata, nella notte tra il 2 e il marzo scorso, la figlia ne sta proseguendo la battaglia in difesa degli indigeni lenca, uno dei tanti popoli originari dell’Honduras.

Gli indios e la diga

«Certo che ho paura. Ma è in gioco qualcosa di più importante della mia vita: la sopravvivenza di un’intera comunità». A minacciarla è la maxi-diga di Agua Zarca, lungo il fiume Gualcarque, della compagnia Desa. In cantiere dal 2009, il progetto è, al momento, fermo per l’opposizione di Berta Cáceres e dell’organizzazione da lei fondata, il Consiglio delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh). Un successo che è valso alla coraggiosa lenca il prestigioso Premio Goldman per la difesa dell’ambiente, assegnatole nel 2015. La notorietà, però, non è riuscita a salvare Berta. Fin dal 2013, la donna aveva iniziato a ricevere feroci minacce di morte. Tanto che la Commissione interamericana per i diritti umani chiese allo Stato di adottare le misure di sicurezza necessaria per proteggere l’attivista. Eppure Berta è stata assassinata ugualmente. «Finora le autorità hanno arrestato cinque persone per il delitto, tra cui l’ex capo della sicurezza della Desa e uno degli ingegneri della società. Si tratta, però, di “pesci piccoli”. Vogliamo sapere chi sono i mandanti e che grado di coinvolgimento hanno avuto i militari», racconta Bertita appena rientrata a casa dopo un tour fra varie nazioni europee, tra cui anche l’Italia.

Una lotta letale

“In America Latina, difendere l’ambiente significa sfidare interessi miliardari. Le enormi ricchezze del Continente fanno gola alle grandi multinazionali che, con la complicità dei governi, cercano di accaparrarsele. A costo di distruggere l’habitat naturale. E la vita di quanti da quell’ecosistema dipendono”. Per questo, come dice papa Francesco nella “Laudato si’”, “non ci sono due crisi separate, una ambientale e un'altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Il grido della terra e quello dei poveri – afferma ancora Bergoglio – risuonano all’unisono. “L’Occidente non chiuda le orecchie alla nostra voce – conclude Bertita –. Non lasciateci soli. La nostra vita dipende anche da voi"

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