martedì 23 febbraio 2021
La testimonianza del saveriano Giovanni Magnaguagno
Luca Attanasio, a sinistra, con il padre saveriano Giovanni Magnaguagno, sabato scorso

Luca Attanasio, a sinistra, con il padre saveriano Giovanni Magnaguagno, sabato scorso

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«Sono senza parole. Non l’avrei mai immaginato. Ci siamo salutati domenica, con il calore di sempre e la promessa di rivederci presto. E invece...».

Padre Giovanni Magnaguagno, sacerdote saveriano a Bukavu, in Sud Kivu, aveva ospitato l’ambasciatore Luca Attanasio lo scorso fine settimana. «Era arrivato nel pomeriggio di sabato, insieme al responsabile del Programma alimentare mondiale (Pam), Rocco Leone, al console Alfredo Lorusso, al carabiniere Vittorio Iacovacci, il quale, per la prima volta, viaggiava nell’Est. Abbiamo fatto un incontro con gli altri missionari italiani per scambiarci punti di vista sulla situazione attuale. Poi abbiamo cenato insieme: una condivisione fraterna, come in famiglia. L’indomani mattina la piccola delegazione ha partecipato alla Messa che celebriamo qui, nella casa dei saveriani, alle 8, poco dopo è rientrata a Goma», racconta ad Avvenire il religioso che avrebbe voluto recarsi nella capitale del Nord Kivu per l’ultimo congedo dalla salma del diplomatico assassinato lunedì.

«Ma non posso perché una ferita alla gamba mi impedisce di muovermi. Sono molto addolorato. Luca era un diplomatico speciale. Non era solo un ambasciatore attento nei confronti dei connazionali. Era un amico di tutti i missionari, a cui era sempre felice di dare una mano. Ci aveva, solo per citare un esempio, aiutato ad aprire una latteria nella cooperativa che abbiamo realizzato sulle montagne per promuovere lo sviluppo agricolo e creare lavoro. Da noi era venuto più volte, l’anno scorso aveva portato anche la moglie, Zakia. Sia lei sia Luca erano molto impegnati nel sociale, in particolare si occupavano del recupero dei ragazzi di strada. Zakia esce la notte a portare loro cibo e gestisce una piccola organizzazione chiamata Mamma Sofia».

L’incontro di sabato tra l’ambasciatore e i missionari era stato particolarmente carico di entusiasmo. «Luca ci aveva portato buone notizie. Innanzitutto, con un paziente lavoro, era riuscito a sbloccare i problemi burocratici per riattivare le adozioni internazionali dal Congo dopo un estenuante braccio di ferro. Era ottimista, inoltre, sulla possibilità di aprire un consolato a Goma, in modo da evitarci lo spostamento di 2mila chilometri fino a Kinshasa per le questioni burocratiche. Aveva, infine, in programma vari progetti nella lotta alla malnutrizione nella zona, grazie all’aiuto del Pam».

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