martedì 3 maggio 2016
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L’“affondo” arriva dal quotidiano israeliano Haaretz. Il regime di Bashar Assad ha impiegato armi chimiche contro gli uomini del Daesh a est della capitale Damasco, violando così l’accordo del 2013 sullo smantellamento degli arsenali. L’ordine di usare il gas Sarin sarebbe stato impartito, una settimana fa, dopo che i miliziani hanno attaccato due basi dell’aviazione siriana considerate dal regime, scrive il quotidiano, «risorse militari vitali». L’attacco, se confermato, riapre una ferita mai del tutto rimarginata: quella dei depositi di armi chimiche ancora custodite nei forzieri del regime. Dall’inizio del 2014 le scorte di armi chimiche di Damasco sono state portate all’estero, sotto la regia dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) ma, secondo le agenzie di intelligence occidentali, il regime di Assad avrebbe conservato un “piccolo” quantitativo di armi chimiche a difesa del presidente, e in un numero limitato di occasioni, il regime avrebbe utilizzato armi chimiche meno letali come le bombe al cloro. La distruzione degli arsenali venne decisa, nel 2013, dopo lo scandalo provocato da un attacco che causò un numero altissimo di vittime, tra le 600 e le 1.400, alla periferia di Damasco, nel sobborgo di Ghouta. Dopo la strage di civili, l’amministrazione Obama aveva dichiarato che il presidente Assad aveva oltrepassato la linea rossa e minacciato una ritorsione. Un’intesa in extremis con la Russia per lo smantellamento dell’arsenale chimico di Assad – e l’adesione del regime all’Opac, organizzazione premiata quello stesso anno con il nobel per la Pace – evitò l’intervento. Il governo del presidente Assad dichiarò di possedere un arsenale composto di 1.300 tonnellate di armi chimiche e 14 impianti di produzione. Le armi e 11 degli impianti di produzione – secondo l’Opac – vennero distrutte. Ahmet Uzumcu, direttore generale, ha recentemente dichiarato all’Associated Press: «Non siamo ancora lì. Ci sono ancora dei buchi neri. Io non sono in grado di dire se la Siria abbia dichiarato tutto o se continui a possedere armi chimiche o munizioni. Spero sia possibile chiarire ogni dubbio». Una ricostruzione che però “urta” con altre denunce, secondo le quali l’uso del gas da parte del regime sarebbe sistematico, e non solo occasionale. L’accusa arriva dal Syrian American Medical Society, Ong con sede negli Usa che può contare su una rete di 1.700 persone in più di 100 centri medici in Siria. L’anno scorso sarebbero stati effettuati nel Paese 69 attacchi con gas che avrebbero colpito 14.581 persone. L’organizzazione ha censito 161 attacchi dall’inizio del conflitto fino alla fine del 2015 e la morte di 1.491 siriani. Ma non basta: il 77 per cento degli attacchi di armi chimiche documentato dalla Ong si sarebbe verificato dopo l’ordine del Consiglio di sicurezza dell’Onu, nel 2013, di smantellare gli arsenali chimici. © RIPRODUZIO NE RISERVATA
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