venerdì 25 marzo 2011
Il presidente siriano Bashar al-Assad ha disposto oggi la creazione di un comitato incaricato di migliorare gli standard di vita e studiare  la revoca della legge di emergenza che vige in Siria da 48 anni. Lo ha annunciato una sua consigliera oggi, Bouthaina Shaaban. Secondo cui non sarebbe stato il presidente a dare l'ordine alle forze di sicurezza di aprire il fuoco contro i manifestanti a Deraa, nel sud della Siria. 37 le vittime secondo ufficiali.
- Variabile Damasco di Riccardo Redaelli
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Almeno 20mila siriani hanno partecipato ieri al funerale di nove tra i manifestanti uccisi a Daraa, nel sud del Paese, gridando slogan per la libertà. I militanti anti regime hanno sostenuto ieri che le vittime dell’assalto di mercoledì mattina contro la moschea al-Omari sono «oltre cento persone». Fonti ospedaliere parlano invece di 25 cadaveri, tutti con ferite di arma da fuoco, mentre una Ong basata a Damasco afferma che le vittime sono 36. Secondo il quotidiano al-Sharq al-Awsat, che cita testimoni oculari, oltre ai gas lacrimogeni «le truppe anti-sommossa siriane hanno sparato cartucce di gas che colpiscono il sistema nervoso e paralizzano il corpo». «Ma noi andremo avanti con la rivoluzione», ha assicurato un attivista siriano che ha chiesto l’anonimato. «La nostra iniziativa – spiega l’attivista – si muove sulla scia delle altre rivolte che hanno in questi mesi rivoluzionato il mondo arabo. Anche noi chiediamo innanzitutto un cambio di regime, libertà e lavoro in un Paese dove il 60% delle famiglie vive sotto la soglia di povertà. La repressione del regime non ci fa paura». Nuovo appuntamento per oggi al “Venerdì della dignità”, nella piazza centrale di Daraa, denominata Piazza dei martiri, in aperta sfida alla legge di emergenza che vieta le manifestazioni pubbliche.Testimoni locali descrivono Daraa una città fantasma, con traffico quasi inesistente e scuole e banche chiuse. Le Ong siriane e i gruppi di difesa dei diritti umani riferiscono di arresti massicci in diverse regioni del Paese. Amnesty international ha preparato una lista di 93 nomi di persone arrestate questo mese a Damasco, Aleppo, Banyas, Deraa, Hama, Homs, per le loro attività su Internet. «Ma il numero dei fermati – si legge nella nota di Amnesty – potrebbe essere molto più alto». Si tratta di studenti, intellettuali, giornalisti e attivisti di età compresa tra i 15 e i 45 anni. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra, ha denunciato l’arresto di Ahmad Hadifa, blogger 27enne colpevole di aver appoggiato su Facebook le proteste di Daraa. Il giovane era già stato fermato più volte nel mese scorso per la sua attività sulla rete. Unica nota positiva ieri una breve dichiarazione della portavoce del presidente Bashar al-Assad. «La Siria – ha affermato Buthaina Shaaban – prenderà decisioni importantissime per rispondere alle aspirazioni del suo popolo». «Non apriremo più il fuoco sui cittadini e toglieremo in tempi brevissimi lo stato di emergenza» in vigore dal lontano 1963, ha detto la portavoce anticipandone alcune nel corso di un’affollatissima conferenza stampa con moltissimi giornalisti siriani e stranieri. Shaaban ha tuttavia affermato che il presidente siriano «non ha mai dato l’ordine di sparare contro i manifestanti» di Daraa. Non solo: il presidente ha dato ordine a una speciale commissione di preparare una nuova legge sui partiti e un’altra sulla stampa e ordinato il rilascio di tutte le persone arrestate. Il quotidiano al-Baath, portavoce dell’omonimo partito al potere da 48 anni, ha dal canto suo esaltato «l’ambizioso progetto riformatore avviato da Assad figlio sin dal suo arrivo al potere» nel 2000, e ha avvertito «i giovani appassionati a diffidare dalle mani straniere e peccaminose che vogliono convincervi che l’uso della forza è a vostro favore». Il premier Muhammad Naji al-Utari ha ribadito l’accusa a «parti straniere» di «sfruttare a propri fini le manifestazioni di cittadini che avanzano rivendicazioni legittime». L’allusione è alla Giordania, vicinissima alla città-simbolo di Daraa dove sono accampati, da oltre una settimana, migliaia di persone per dire basta al regime. L’esercito ha allestito attorno alla città dei posti di blocco dove procede ad accurati controlli d’identità, per impedire l’arrivo di altri manifestanti.
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