mercoledì 19 agosto 2015
​Per quarant'anni è stato responsabile del sito archeologico di Palmira. Gli uomini dell'Is lo hanno tenuto prigioniero per un mese nel tentativo di individuare i luoghi che custodivano i reperti.
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Khaled Assad, l'archeologo 82enne decapitato ieri dai miliziani dell'Is, non era soltanto “uno dei più importanti pionieri dell’archeologia siriana del ventesimo secolo”, come descritto dal direttore del Dipartimento delle Antichità sirianie, Maamoun Abdul Karim. Da quando, nel maggio scorso, Palmira è stata presa dall’Is, Asaad era diventato il custode di una città destinata al martirio e condannata alla furia iconoclasta degli uomini di al-Bagdadi.

Per quarant’anni, ne aveva 82, era stato il responsabile del sito archeologico e dopo il pensionamento (nel 2003) aveva continuato a lavorare come esperto per il Dipartimento dei musei e delle antichità, pubblicando studi e articoli su diverse riviste, anche in collaborazione con colleghi stranieri. Per un mese è stato interrogato dai jihadisti che lo hanno trattenuto nel tentativo di individuare e distruggere (o vendere) i reperti d’epoca romana custoditi nel sito.

A riguardo Amr al Azm - dal 1999 al 2004 direttore dei laboratori scientifici per la conservazione presso il Dipartimento della antichità e dei musei, è ora professore di Storia del Medio Oriente e Antropologia all'Università americana di Shawnee, nell'Ohio - non sembra avere dubbi: "Personalmente conosco un archeologo che a Raqqa è stato perseguitato dall'Is per diverso tempo con l'intento di estorcergli informazioni su presunti tesori nascosti". La sua convinzione è che anche Asaad abbia subito la stessa sorte e fosse stato arrestato perché ritenuto responsabile dell'evacuazione di molti reperti dal museo di Palmira prima dell'arrivo dei jihadisti. D’altronde lo stesso destino è toccato a molti altri suoi colleghi "ritenuti in possesso di informazioni su antichità nascoste di cui i jihadisti vogliono impadronirsi" ha chiarito al-Azm.

Sul palo dove è stato appeso il corpo decapitato dell’archeologo è stato attaccato un cartello con il nome della vittima e sotto i capi d’accusa che hanno convinto i jihadisti a sgozzarlo pubblicamente con un coltello: "Rappresentante della Siria nelle conferenze della blasfemia; direttore delle statue archeologiche di Palmira; ha visitato l'Iran partecipando alla festa per la vittoria della rivoluzione di Khomeini" e altre due accuse che riguardano "legami" della vittima con esponenti del regime di Damasco.

La sua uccisione ha suscitato critiche in diversi Paesi: “Questo barbaro assassinio si aggiunge alla lunga lista dei crimini commessi da quattro anni in Siria. I responsabili di tutti questi atti dovranno renderne conto davanti alla giustizia" ha detto il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius. "Solo una soluzione politica, fondata sui principi del comunicato di Ginevra - ha aggiunto - permetterà di mettere fine al conflitto in Siria". Ancora più pesante il senatore di Forza Italia Francesco Giro: "L'assassinio del direttore del sito archeologico di Palmira, antichissima città citata da fonti assire e nella Bibbia è l'apice di un disegno malvagio assimilabile al nazismo. L'Is deve essere fermato. La comunità internazionale dorme come dormiva nella prima fase dell'olocausto perpetrato dai nazisti".

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