sabato 14 febbraio 2015
​Il giudice Pollicita porta avanti la denuncia del defunto Nisman. Il presidente è accusato di aver coperto gli iraniani coinvolti nella strage al centro ebraico Amia.
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Quattro giorni prima di morire – ancora non si sa se per mano propria o altrui – il pubblico ministero Alberto Nisman aveva denunciato la “presidenta” Cristina Fernández Kirchner e quattro uomini del suo entourage per aver ostacolato le indagini sulla strage al centro ebraico Amia, nel 1994. Per quasi un mese, l’iter giudiziario è rimasto bloccato. Fino alla svolta di ieri. Il magistrato Gerardo Pollicita – che ha preso il posto del defunto – ha deciso di imputare formalmente la leader e i presunti complici, il ministro degli Esteri, Héctor Timerman, il deputato Andrés Larroque, i dirigenti Luis D’Elía e Fernando Esteche. I quattro avrebbero dato esecuzione al “patto segreto” siglato tra la “presidenta” e Teheran nel 2013: l’impunità degli alti vertici iraniani coinvolti nell’attacco in cambio di consistenti forniture di petrolio e importazioni di soia. Sarebbe questo il vero contenuto del memorandum di collaborazione sulle indagini firmato dai due governi in tale anno. Ne era convinto il giudice Nisman. E, ora, anche il successore sembra dello stesso parere. Pollicita, dopo aver esaminato il dossier di 300 pagine di Nisman, ha dato ordine di procedere con l’inchiesta. E ha fatto richiesta per l’acquisizione di decine di prove, su cui dovrà poi pronunciarsi il giudice Daniel Rafecas. A differenza del predecessore, il pubblico ministero non ha, per ora, chiesto di interrogare la presidente. Per il governo, comunque, si tratta di un duro colpo. Come dimostra l’immediata levata di scudi. Il segretario della Presidenza, Aníbal Fernández ha definito la misura, una mossa a effetto «senza reale valore giuridico». Mentre il capo di gabinetto, Jorge Capitanich, ha parlato di «golpe giudiziario» per destabilizzare il kirchnerismo. L’esecutivo, inoltre, ha presentato un lungo memorandum al giudice Rafecas per confutare le accuse. I toni della polemica politica sono aspri. E si intrecciano con l’altra indagine, quella sulla morte di Nisman. Gli inquirenti avrebbero trovato il Dna di una seconda persona nell’appartamento del magistrato. Non si sa, però, a chi corrisponda. Il rischio è che la “politicizzazione” della vicenda – da entrambe le parti – ostacoli il raggiungimento della verità. Proprio per chiedere giustizia, i colleghi di Nisman hanno convocato i cittadini a una marcia silenziosa a Buenos Aires, mercoledì prossimo, a un mese esatto dalla scomparsa. I giudici hanno precisato che l’iniziativa non vuole essere un atto d’accusa al kirchnerismo. Con questo spirito, la commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale ha deciso la propria adesione.
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