martedì 2 agosto 2022
Il governo britannico e la Corte suprema hanno respinto gli ultimi tentativi della famiglia di Archie, il 12enne in coma dallo scorso aprile
Stop alle speranze per Archie: si attende il distacco dei sostegni vitali

Ansa

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Per Archie Battersbee, il dodicenne in coma dal 7 aprile, quando fu trovato con una corda attorno al collo forse per una tragica sfida online con amici, da questa sera non c’è più alcuna speranza.

I medici che l’hanno in cura all’ospedale londinese “Royal London Hospital” hanno vinto la lunghissima ed estenuante battaglia legale che I genitori, Hollie Dance e Paul Battersbee, hanno affrontato con coraggio in ogni tribunale britannico. La spina dei macchinari che tengono in vita il ragazzo saranno staccati nelle prossime ore per il "migliore interesse" del paziente, a cui è stata diagnosticata la morte cerebrale.

I genitori hanno fatto di tutto per salvare la vita dell’adorato figlio che dicono di vedere aprire gli occhi, piangere e stringere le mani e anche respirare.

Ma I giudici britannici di ogni grado, dall’Alta Corte alla Corte di appello, alla Corte Suprema, hanno sentenziato più volte che “è nel migliore interesse di Archie Battersbee morire perché I suoi organi, in ogni caso, tra qualche settimana, smetteranno di funzionare”.

Anche l’ultimo disperato tentativo presso il Comitato per I diritti dei disabili delle Nazioni Unite che, pure, aveva chiesto ai medici di fermarsi intanto che esaminava il caso, non è servito a nulla.

A dire la parola fine sono stati, oggi, il governo britannico e la Corte Suprema. Il ministro della Sanità Stephen Barclay, al quale la mamma di Archie Hollie Dance aveva scritto una lettera aperta, supplicandolo di intervenire, ha spiegato che l’ingiunzione del comitato Onu non può applicarsi nel Regno Unito dove vige la legislazione domestica.

La Corte Suprema britannica, dal canto suo, ha confermato la decisione del ministro, chiamandosi fuori, come aveva già fatto nei giorni scorsi e dichiarando inammissibile l’istanza della famiglia.

Non resta quindi che attendere la procedura che porterà alla morte del dodicenne nelle prossime ore.

Le parole del comunicato dell’autorità sanitaria “Barts Health NHS Trust”, che gestisce il “Royal London Hospital”, dove si trova ricoverato Archie, allontanano ogni dubbio. “La nostra simpatia piu’ profonda va alla famiglia di Archie. Come ci hanno indicato I tribunali adesso lavoreremo con la famiglia perché si prepari all’interruzione dei supporti vitali. Vogliamo garantire il miglior sostegno a tutti in questo momento difficile”, dice il comunicato.

Il caso di Archie Battersbee ricorda quelli di Charlie Gard, Alfie Evans, Tafida Raqeed, Isaiah Haastrup e di altri bambini con gravi danni cerebrali ai quali i medici hanno voluto staccare i supporti vitali mentre la famiglia voleva fare altri tentativi per curarli e mantenerli in vita.

Nel caso di Charlie Gard e Alfie Evans i giudici avevano anche impedito ai genitori di trasportare i figli all'estero per farli curare mentre, nel caso di Tafida Raqeed, la mamma Shelina Begum era riuscita ad ottenere il trasferimento all'ospedale Gaslini di Genova dove la bambina è stata dimessa dal reparto di rianimazione e ha cominciato a respirare da sola.

È all’esame del parlamento britannico una nuova legislazione, la “Charlie Gard law”, che rafforza I diritti dei genitori nei casi in cui questi ultimi si oppongano ai medici che vogliono togliere ai loro figli i supporti vitali. Se la nuova normativa, che è stata curata da Connie e Chris, i genitori di Charlie Gard, verrà approvata, papà e mamma avranno il diritto di ricorrere alla mediazione e a comitati etici e indipendenti. La legislazione, che ha ottenuto un parere favorevole dalla Camera dei Lords, garantisce anche ai genitori di poter avere accesso a tutte le informazioni mediche sui figli e ottenere un secondo parere medico.

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