In fila per la distribuzione dei vaccini arrivati a Nairobi grazie al progetto solidale Covax - Reuters

Porta la firma di 145 leader religiosi di tutto il mondo e di ogni credo l’appello diretto ai governi dei Paesi più ricchi a «respingere la logica del nazionalismo vaccinale» e a prendere un impegno concreto per garantire un’equa distribuzione dei sieri contro il Covid-19 anche ai Paesi in via di sviluppo. La dichiarazione, in cui echeggiano le parole di papa Francesco che, più volte, ha invocato cooperazione e solidarietà nel garantire a tutti l’accesso ai farmaci immunizzanti, porta la firma, tra gli altri, del cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale, Rowan Williams, arcivescovo emerito anglicano di Canterbury e Thabo Makgoba, arcivescovo anglicano di Città del Capo. Lanciata dal network di associazioni People’s vaccine alliance, di cui fanno parte Christian Aid, Amnesty International e Oxfam, la campagna è supportata anche dal Dalai Lama. I religiosi sottolineano di non poter abdicare alla «responsabilità morale» di battersi per il bene di tutti, e in particolare delle comunità più povere, «lasciando che sia la logica del mercato a risolvere la crisi». Le conseguenze di un approccio del genere, avvertono, «sarebbero disastrose».
Il richiamo ad agire perché il vaccino contro il coronavirus venga considerato un «bene comune», è, tra le righe, diretto ai governi che il mese prossimo parteciperanno al G7 in Cornovaglia. L’attesa è che dal summit arrivino soluzioni per la cosiddetta «apartheid vaccinale». Secondo alcune stime, il costo che i “Grandi” dovrebbero sostenere per rendere universale l’accesso ai vaccini è una piccola frazione di quanto già stanziato per la ripresa post-Covid.