Lo sprint di «Sleepy Joe» nella lunga luna di miele
giovedì 29 aprile 2021

Ha attaccato frontalmente il Cremlino dando – se pure indirettamente con un «I do» – dell’assassino a Vladimir Putin e del Paese non-democratico alla Russia che taccia di terrorismo ogni manifestazione di dissenso; ha tagliato quel nodo gorgiano che penzolava eternamente sulla Turchia di Erdogan scegliendo proprio il 24 aprile – il giorno dell’anniversario – per riconoscere ufficialmente il Medz Yeghern, il Grande Male del genocidio armeno; ha fatto sapere a Teheran che il muro del silenzio eretto da Donald Trump merita una breccia e che i colloqui sul nucleare (e sulle relative sanzioni) possono riprendere; ha promesso un’uscita di scena irrevocabile dall’Afghanistan riconoscendo che dopo vent’anni di sforzi quella guerra è perduta, come lo è stata quella del Vietnam; ha anteposto la strategia del dialogo a quella del rifiuto, senza per questo rinunciare al muso duro nei confronti degli avversari e a chi – la Cina su tutti, ma a seguire anche la Russia – intende sovvertire quell’ordine mondiale uscito da Yalta e ormai anacronisticamente rappresentato dall’Onu.
Tutto ciò ha fatto Joe Biden nei primi cento giorni del suo mandato, in quella luna di miele che tradizionalmente i presidenti americani attraversano con un consenso quasi garantito. Quasi, visto che Trump era subito precipitato al 40% nei sondaggi. Ma da The Donald, considerato il modo e i criteri con cui era stato eletto, c’era da aspettarselo. Per «Sleepy Joe» invece è un’autentica sorpresa. Nonostante il cambio di direzione impresso su scala internazionale dal Medio Oriente al Mar Cinese Meridionale, dall’ex Cortina di Ferro a al Caucaso, Biden si arrocca su un 52-53%: una miseria, se paragonato al 61% di Barack Obama e al 57% di un altro presidente fin da subito chiacchierato come George W.Bush.
Ma cosa dunque ha incrinato lo honey moon di un presidente che come nessuno aveva voltato pagina con il proprio predecessore promettendo un’America nuova ai suoi concittadini e al mondo, forte di due figure di carattere come Nancy Pelosi e Kamala Harris che gli guardano le spalle? Il Covid? Certamente no. La svolta di Biden piace agli americani, come è piaciuta al 65% la prima manovra di bilancio, quei 1.900 miliardi di spesa pubblica che prometteva aiuti alle famiglie e lotta alla diseguaglianza. Su quest’ultima però, l’America della middle class ha inarcato il sopracciglio: i top manager, i Paperoni, i nababbi di Wall Street hanno fatto un ricco bottino nonostante la pandemia e nonostante certi errori marchiani di gestione. Come quello della Boeing, che si è messo in tasca un bonus di 21,1 milioni di dollari nonostante il modello di punta, il nuovo 737, sia da mesi a terra per imperscrutabili problemi tecnici; niente a confronto dei 50 e passa milioni di dollari intascati dal numero uno della Hilton, nonostante gli alberghi fossero vuoti a causa del Covid. E ora che Biden promette di tagliare le unghie agli alti redditi e ai capital gain, un po’ tutti storcono il naso: i poveri, perché non gliene importa nulla; i ricchi, perché saranno un po’ (solo un po’ e solo per un po’) meno ricchi. Così come il nuovo piano di investimenti e l’American Families Plan (4 miliardi di dollari di investimenti) non convincono tutti.
E poi c’è l’agenda verde e il problema dell’emergenza migranti al confine con il Messico. Due nervi molto sensibili per gli americani, non tutti e non del tutto persuasi della bontà della svolta ecologica e non del tutto rassicurati dalla politica – invero un po’contradditoria – nei confronti della massa di sventurati che preme alla frontiera. E sui migranti, duole dirlo, Biden perde su tutti i fronti: lo bocciano i repubblicani, com’era ovvio, ma anche i democratici e gli indipendenti.
Già, la grana maggiore per Joe Biden è proprio il partito. Sono i dem, divisi in una galassia multiforme che ha punte di radicalismo estremo ed altre di inopportuno immobilismo. Ne approfittano i repubblicani, che al Senato hanno gli stessi 50 voti dei democratici. «What a mess!», dicono a Washington. Ma evitiamo di tradurlo. L’anziano e sperimentato Joe ha due anni di tempo correggere il tiro e arrivare alle elezioni di medio termine con qualche probabilità di non perdere il Senato. Ma la strada è già fin d’ora tutta in salita.

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