mercoledì 10 aprile 2013
Rapporto Amnesty International sulla pena di morte: in 21 paesi è ancora prassi consolidata. Secondo l'organizzazione umanitaria sono state messe a morte nel 2012 almeno 682 persone, ma il numeo reale è certo maggiore perché in molte nazioni (come la Cina) i dati sono tenuti segreti
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Il boia è tornato a lavorare in Giappone, India, Pakistan e Gambia. In altri Paesi – Cina soprattutto, poi Iran, Iraq, Arabia Saudita, Stati Uniti e Yemen – non ha mai smesso. Ma i Paesi in cui vige l’omicidio di Stato sono un gruppo isolato e in calo. È il quadro che emerge dall’ultimo Rapporto di Amnesty International sulla pena di morte del 2012. «I passi indietro che abbiamo visto in alcuni Paesi sono stati deludenti, ma non hanno invertito la tendenza mondiale contro il ricorso alla pena di morte», spiega Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.«In molte parti del mondo le esecuzioni stanno diventando un ricordo del passato. Nel mondo – dice – solo un Paese su dieci continua a usare la pena di morte. I loro leader dovrebbero chiedersi perché applicano ancora una pena crudele e disumana che il resto del mondo sta abbandonando». Secondo Amnesty nel 2012 sono state messe a morte almeno 682 persone in 21 Paesi (680 nel 2011 in 21 paesi). La maggior parte delle esecuzioni ha avuto luogo – nell’ordine – in Cina, Iran, Iraq, Arabia Saudita, Stati Uniti d’America e Yemen. La Cina da sola l’anno scorso ha messo a morte più persone che il resto del mondo: il numero reale non è noto a causa della segretezza che circonda la pena, le 682 esecuzioni non comprendono dunque le migliaia eseguite in Cina. «Allarmante» è poi definita la crescita delle esecuzioni in Iraq: 129 esecuzioni, quasi il doppio rispetto alle 68 del 2011.Nel 2012 solo 21 paesi - uno su 10 - ha però eseguito condanne a morte. Un numero uguale al 2011, ma diminuito di un quarto rispetto a quello di un decennio prima (28 paesi nel 2003). Il 20 dicembre, 111 stati membri dell’Onu hanno detto sì alla quarta moratoria sull’uso della pena di morte. Tra i segnali positivi da registrare le commutazioni o provvedimenti di grazia in favore di prigionieri condannati a morte in 27 paesi. In 58 nazioni sono state emesse almeno 1.722 condanne a morte, comunque meno delle 1.923 inflitte in 63 paesi nel 2011. Il rovescio della medaglia è la ripresa delle esecuzioni in paesi che da tempo non vi facevano ricorso: Gambia (30 anni), India (8) e Pakistan (4). Come si ammazza per "giustizia"? Decapitazione, impiccagione, iniezione letale e fucilazione. Almeno due minorenni all’epoca del reato sono stati messi a morte in Yemen.Spesso i processi non hanno rispettato gli standard internazionali. "Confessioni" sono state spesso estorte con la tortura. E si uccide anche per reati legati alla droga, per adulterio e sodomia (Iran), blasfemia (Pakistan), reati di natura economica (Cina) e stupro (Arabia Saudita). Un’importante ricerca pubblicata negli Usa nel 2012 ha concluso fra l’altro che l’argomento della deterrenza non può essere usato come giustificazione. Intanto, in contemporanea alla diffusione dei dati di Amnesty, in Texas è stato messo a morte Richy Lewis, accusato di omicidio e stupro. La seconda esecuzione da inizio anno, una delle oltre dieci in programma prima dell’estate.
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