sabato 8 gennaio 2022
Il 64% ha fatto le due dosi, più che negli Usa e in Europa. Deboli le resistenze, nel Continente con più morti per milione di abitanti, soprattutto fra i lavoratori in nero
Giovani donne in attesa del vaccino a Ciudad Juárez, in Messico

Giovani donne in attesa del vaccino a Ciudad Juárez, in Messico - Reuters

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«Perché in Europa protestano tanto contro i vaccini? Si pagano? No? E allora perché?». Gli abitanti della baraccopoli di Piquiá de Baixo, nell’Amazzonia brasiliana, non riescono a spiegarselo. Ogni volta che si trovano di fronte un visitatore straniero, così, ripetono la sfilza di domande. Naturale in un luogo dove i genitori tengono in bella mostra i certificati dei principali vaccini somministrati ai figli durante l’infanzia per dimostrare di essere “coscienziosi”. Tutte le famiglie hanno almeno un bambino "perduto" in una delle tante epidemie che hanno flagellato Piquiá. I morti del Covid non li hanno contati. Il cimitero di Açailândia, non molto distante, però, è quasi raddoppiato negli ultimi due anni per accogliere le sepolture avvenute in tempo di pandemia. Il virus si è abbattuto sul Brasile e sull’intera America Latina come uno tsunami. Nessun altro Continente ha avuto tanti decessi per milione di abitanti: 2.740 contro i 2.450 degli Usa, i 2mila dell’Europa e i 267 dell’Asia. Anche il picco di vittime in un giorno è stato registrato nella regione. Di recente, però, quest’ultima ha raggiunto un record di tutt’altro segno. Con il 64 per cento di immunizzati e il 76 per cento di inoculati con la prima dose, l’America Latina ha superato gli Stati Uniti (62 per cento e 74 per cento). E anche l’Ue dove – come ha ricordato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen – la campagna ha raggiunto quasi il 70 per cento dei cittadini, ma si tratta della prima fiala (con due dosi sono il 62 per cento). Il primato latinoamericano, certificato dall’Organizzazione panamericana di salute (Paho) e da Our World in Data, con dati aggiornati a ieri, è per molti aspetti, sorprendente.

I Paesi dell’aerea hanno molte meno risorse rispetto al resto dell’Occidente per i vaccini. Per questo, in un primo tempo, hanno perso la “corsa internazionale” per procurarsi i farmaci più gettonati e hanno dovuto rivolgersi ai fornitori cinesi e russi. Ormai, però, il gap è stato colmato. Resta il dramma della diseguaglianza economica feroce – la più alta del pianeta –, che si riflette in una tremenda disparità nell’accesso all’assistenza sanitaria. Questo spiega l’elevatissima letalità del Covid a sud del Rio Bravo. Ma anche – per il verso opposto – il minor impatto della propaganda no-vax sull’opinione pubblica. Soprattutto su quella quota di manodopera – oltre la metà del totale – relegata nell’economia informale. Un esercito di lustrascarpe, domestiche a ore, venditori ambulanti, va avanti con quanto guadagna «alla giornata», senza ferie, assicurazione, malattia. Impossibile stare a casa o lavorare a distanza. Più che una fantomatica minaccia, dunque, questi hanno visto nei vaccini l’unica opportunità di sopravvivenza, anche economica. Emblematico il caso peruviano, il Paese con più alto numero di morti per Covid rispetto agli abitanti, complice il fatto che il 75 per cento della manodopera lavora in nero e non ha potuto rispettare le restrizioni. La campagna di immunizzazione si è svolta in pratica senza resistenza e ha raggiunto oltre l’80 per cento della popolazione.

Non che il movimento no-vax non esista, come hanno dimostrato le proteste in Colombia e gli attacchi ai medici in Guatemala. In Brasile, addirittura, la sfiducia nei confronti dei vaccini è stata alimentata dallo stesso presidente, Jair Bolsonaro. «Se ti fai la dose e diventi un caimano, il problema è tuo», ha detto e ripetuto. I suoi “dubbi”, però, non sono riusciti ad erodere la fiducia nei confronti di un sistema di salute che, nel passato recente, ha dato buoni risultati nel contenimento di malattie endemiche, quali Aids e Zika. Al contrario, il leader, proprio sul negazionismo di fronte alla pandemia, ha visto crollare i propri consensi. Se in Brasile la vaccinazione si svolge a dispetto del governo, quest’ultimo è stato il protagonista della campagna in Cile, in testa alla classifica con il 92 per cento di immunizzati. E i risultati si vedono: nel Paese i morti per milione di abitanti sono meno dell’1,5. E nel resto del Continente sono addirittura passati da12, a giugno, all’attuale 0,45.

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