martedì 30 maggio 2023
Il diplomatico presso la Santa Sede: «L'omaggio del Papa alla tomba di Theodor Herzl pietra miliare per l'auto-definizione politica e nazionale del popolo ebraico nello Stato di Israele»
Il concerto "Religioni Unite in Musica" dell'Orchestra Sinfonica di Gerusalemme alla Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura a Roma

Il concerto "Religioni Unite in Musica" dell'Orchestra Sinfonica di Gerusalemme alla Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura a Roma - Archivio

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Nell'ebraismo c'è un concetto che ricorre costantemente e si applica nelle circostanze più piccole come nelle prospettive universali: si chiama Tikkun Olam, riparare il mondo. E' partito da qui l'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Raphael Schutz presentando l'evento "Religioni Unite in Musica": un concerto dell'Orchestra Sinfonica di Gerusalemme nella Basilica papale San Paolo fuori le Mura, a Roma, per celebrare il 30esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra lo Stato di Israele e la Santa Sede.

L'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Raphael Schutz

L'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Raphael Schutz - Archivio

Dopo i rallentamenti imposti dalla pandemia, il dialogo ebraico-cristiano sta ritrovando slancio. Quali sono le sfide più importanti su questo percorso, quale la direzione?

Parlando di dialogo tra le istituzioni, spero vengano affrontati temi mai considerati in precedenza. Quanto ci ha consegnato papa Francesco con la Laudato si’ è un terreno di confronto prezioso su cui impostare un discorso comune. E' il nostro Tikkun Olam: solidarietà, cooperazione ed ecumenismo per "aggiustare" un'umanità ferita dalle guerre e incapace di gestire responsabilmente le ricchezze che ha ricevuto in dono. L'acqua come risorsa fondamentale, l'approvvigionamento di cibo, la protezione dell'ambiente, la tecnologia che ci può aiutare in questo esercizio di tutela mai così tanto necessario: Israele è tra i Paesi più avanzati al mondo su questi temi. Temi che ancora faticano a trovare posto nell'agenda politica. Allora partiamo da qui, da ciò che ci unisce: sarà più facile, poi, superare difficoltà che certo ancora resistono.

Quali, per esempio?

Oggi ricordiamo il 30esimo anniversario delle Relazioni diplomatiche tra lo Stato di Israele e la Santa Sede; la Nostra Aetate è del 1965: siamo solo all'inizio del nostro viaggio, è un rapporto giovane, complicato, che non può e non deve dimenticare le ferite del passato, proprio per guarirle. Papa Francesco ci ha molto aiutato in questo: ritengo che la sua visita, nel 2014, alla tomba di Theodor Herzl, il padre del sionismo, sia una pietra miliare: è stato il riconoscimento cristiano-cattolico che la Nostra Aetate non riguarda solo la legittimità religiosa dell'ebraismo, ma abbraccia l'auto-definizione politica e nazionale del popolo ebraico nello Stato di Israele. Indubbiamente, un elemento di complessità è dovuto al fatto che la maggior parte dei cristiani in Terra Santa, tra il Mediterraneo e la Giordania, sono arabi o palestinesi. È un dato di realtà che non dobbiamo ignorare, ma non possiamo nemmeno farne un fattore dirimente. La contrapposizione ideologica e la diffidenza pregiudiziale non portano da nessuna parte.

Ci sono in Israele migliaia di cristiani perfettamente integrati nella realtà locale. Penso ad esempio ai tanti che vivono a Giaffa, nell'area sud di Tel Aviv. Sono una comunità in costante crescita demografica. Hanno titoli accademici prestigiosi, lavorano nell'Hi-Tech, sono medici, insegnanti. Gestiscono molte scuole - spesso miste: ebrei, cristiani e musulmani - che sono un'eccellenza nel Paese, una ricchezza. Di loro i media italiani non parlano quasi mai. "Diffidenza pregiudiziale"?

Voglio pensare si tratti semplicemente del fatto che le buone notizie non fanno notizia.

Si parla invece molto dei cristiani che vivono nelle aree sottoposte alla giurisdizione dell'Autorità nazionale palestinese. E queste, sì, sono comunità in grande sofferenza. Patiscono da un lato il fatto di essere minoranza dentro una maggioranza musulmana, dall'altro le conseguenze del controllo che Israele esercita sui Territori. Cosa fare per venire loro incontro?

Ovviamente auguriamo loro solo il meglio, ma la triste verità, confermata dalla statistica, è che l'unico posto in Medio Oriente che vede una crescita del numero della popolazione cristiana è Israele. Non possiamo essere ritenuti responsabili delle condizioni di vita delle persone in altre parti della regione.

Le autorità religiose cristiane in Terra Santa denunciano con crescente insistenza gli attacchi alla comunità e ai luoghi sacri messi in atto dagli estremisti ebrei, che oggi godono di una forte rappresentanza nel governo. Gli stessi che peraltro creano frizioni con gli israeliani secolari o con i musulmani. Siamo di fronte a un'escalation? Che risposte può offrire il governo?

Purtroppo negli ultimi mesi c'è stato un numero crescente di incidenti anti-cristiani perpetrati da estremisti ebrei ortodossi. Fortunatamente non ci sono stati morti o feriti gravi, ma questo non deve portare all’auto-assolvimento, anzi esattamente il contrario: le autorità dovrebbero agire contro gli autori con forza e rapidità per evitare un'ulteriore escalation, il deterioramento della situazione. È responsabilità delle autorità smentire tutti coloro che pensano che l'attuale congiuntura politica dia il vento alla violenza di questi settori della popolazione. E non ci si sorprenda del fatto che il mio quartier generale di Gerusalemme sappia ricevere questo messaggio da me forte e chiaro.

Israele sta affrontando un momento delicato di confronto interno e contrapposizione sulla riforma giudiziaria. Che prospettive vede?

Le differenze di opinione sono parte integrante della politica nelle società pluralistiche. Non c'è modo di superarle se non quello di impegnarsi nel dialogo con l'obiettivo di raggiungere un compromesso o un ampio consenso. Spero vivamente che ciò accada.

Yeruham Scharovsky, direttore della Jerusalem Symphony Orchestra

Yeruham Scharovsky, direttore della Jerusalem Symphony Orchestra - Archivio

Lunedì sera, nella Basilica Papale San Paolo fuori le Mura si è tenuto il concerto dell’Orchestra Sinfonica di Gerusalemme per celebrare il 30esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra lo Stato di Israele e della Santa Sede. L’evento è stato voluto dall’Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Raphael Schutz. La Jerusalem Symphony Orchestra, una delle più importanti di Israele, è stata fondata nel 1936 dal Palestine Broadcasting Service come ala musicale di Kol Yerushalaim (la Voce di Gerusalemme) ed è diretta dal maestro Yeruham Scharovsky. Nato a Buenos Aires, in Argentina, è emigrato in Israele negli anni ’70, dove si è laureato alla Rubin Academy of Music di Gerusalemme. Durante la sua carriera, ha diretto oltre 60 orchestre in 25 Paesi.


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