venerdì 13 aprile 2012
​La Co2 assorbita dagli alberi della riserva vale due milioni all'anno. Chi sceglie di non deforestare riceve u­na compensazione economica da parte di altre aziende che, invece, per la loro atti­vità producono gas inquinanti.
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«Gli uomini bianchi sono stra­ni: comprano quello che non si può vedere». Per l’esattez­za, l’aria. Non è stato facile convincere gli anziani indios di etnia “paiter-suruis” del tesoro intrappolato nelle loro terre. Perché, appunto, il carbonio, assorbito dalle mi­gliaia di alberi disseminati per le regioni a­mazzoniche di Mato Grosso e Rondonia, non si può vedere, sentire, toccare.

Eppu­re esiste. E vale una fortuna. Almeno 76 mi­lioni di dollari. Tanto riceveranno dal prossimo anno al 2038 gli indigeni – al ritmo di due milioni all’anno – per la vendita dei loro crediti di anidride carbonica. Il meccanismo – solo apparentemente complicato –, deciso nel Protocollo di Kyoto, si basa sul Redd (Ri­duzione dalle emissioni da disboscamen­to): chi sceglie di non deforestare riceve u­na compensazione economica da parte di altre aziende che, invece, per la loro atti­vità producono gas inquinanti. Le foreste salvate controbilanciano, infat­ti, questi ultimi, principali responsabili del-­l’effetto serra e, dunque, del riscaldamen­to globale. In altri termini, salvaguardare gli alberi rende, più di abbatter­li. Più, dunque, delle oltre cen­to segherie illegali che, dall’i­nizio degli anni Novanta, han­no divorato gran parte della foresta nella regione.

Ora, però, il business del legname per loro è finito: i “tagliatori” sono stati effettivamente e­spulsi dalla zona, grazie alla campagna or­ganizzata dal leader Almir Suruí con l’aiu­to di alcune Ong locali. Calcoli alla mano, il “cacicco” ha percorso in lungo e in largo, per quattro anni, i 240mila ettari di riser­va per esporre agli indios suruis la conve­nienza del progetto. Alla fine, l’ha spunta­ta. Il giovane leader dell’etnia – ha appena 37 anni – è abituato alle sfide innovative. Nel 2008, aveva sorpreso il mondo, siglan­do un accordo con Google Map per moni­torare la distruzione dell’Amazzonia. Sta­volta i suruis sono tornati sulla ribalta in­ternazionale: sono i primi indigeni a en­trare nel commercio delle quote di anidride carbonica e a guadagnare dalla difesa del­la foresta. La somma incassa­ta verrà reinvestita in attività e­conomiche sostenibili come il turismo o l’agricoltura.

Que­st’ultima, però, solamente nelle areee già disboscate. Il mercato mondiale dei Redd è ancora vo­lontario: verrà regolato solo a partire dal 2020. Si tratta, comunque, di un settore in rapida crescita: nel 2010 si è registrato un aumento del 35 per cento, per un giro d’af­fari che si aggira sui 250 milioni di euro l’anno.

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