giovedì 31 gennaio 2013
​Il regime: raid su centro ricerche, due tecnici uccisi, cinque feriti. Netanyahu aveva lanciato l'allarme sugli ordigni chimici.
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Improvvisa, come è ormai consuetudine per Israele, è giunta la sciabolata contro la Siria. Un vero lampo nella notte, dopo avere per ore intensificato i voli sulla frontiera siriana e libanese. Poi Tzahal ha colpito con i suoi caccia. In tarda serata, secondo fonti di stampa libanesi, che a loro volta citano fonti siriane, sarebbe stato colpito un centro ricerche militari legato alla produzione di armi chimiche, a Jamraya, poco a nord di Damasco.L’escalation inizia nel cuore della notte. In un primo momento si era pensato solo ad un attacco contro un convoglio, che, secondo una fonte diplomatica occidentale volutamente anonima, «aveva appena attraversato il confine» che dalla Siria va verso il Libano. Una ricostruzione, pure questa anonima, di un ex funzionario della sicurezza libanese aveva precisato che il convoglio «si trovava ancora nel territorio siriano».Le eventuali armi chimiche siriane sono l’ossessione di Gerusalemme. Un arsenale che, smantellandosi come il regime, potrebbe finire in mano agli estremisti di Hezbollah: Israele «segue con attenzione la sorte degli arsenali di armi mortali in Siria, un Paese che va spaccandosi», aveva ammonito aprendo nei giorni scorsi l’ultimo vertice della sicurezza nazionale Netanyahu. A sera, dopo ore di silenzio, la Siria lancia tramite la tv di Stato una nuova accusa: «Un aereo da combattimento israeliano ha violato il nostro spazio aereo all’alba e ha direttamente bombardato un centro di ricerche militare» nella provincia di Damasco. Sarebbero rimasti uccisi due tecnici, altri 5 feriti. Solo l’ultima di una «lunga lista» di aggressioni «contro gli arabi e i musulmani», accusa Damasco. Un episodio con un precedente importante: nel settembre del 2007 caccia-bombardieri israeliani effettuarono un raid contro l’impianto nucleare in costruzione di al-Kibar, al confine con la Turchia.Tutto sarebbe iniziato l’altra notte con una «inusuale» attività dell’aviazione israeliana confermata pure dal Libano e dal contingente internazionale dell’Unifil: 12 i caccia israeliani impegnati. L’attacco al convoglio di armi, smentito dal governo libanese e da quello siriano, e il raid sul centro ricerche – pure questo da accertare – rischiano di aprire una nuova spaccatura in seno al Consiglio di sicurezza, già paralizzato dall’ostruzionismo manifestato a più riprese da Pechino e Mosca. Una spaccatura che ieri ha costretto lo stesso inviato speciale di Onu e Lega araba, Lakhdar Brahimi, a ricordare in una riunione del Consiglio di sicurezza che non ha intenzione di mollare il proprio incarico, ma che la Siria «sta andando a pezzi sotto gli occhi del mondo» e i Quindici hanno l’obbligo di esercitare una pressione più considerevole verso l’esecutivo di Bashar al-Assad. Gli ha fatto eco il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, alla conferenza dei donatori: «Si fermi il massacro nel Paese, in nome dell’umanità».Una illusione, stando alle notizia lanciate ieri dai Comitati locali dell’opposizione: almeno 47 persone sono rimaste uccise ieri in Siria. La stessa fonte precisa che 14 sono le vittime a Damasco e nei suoi sobborghi e 14 a Homs, bombardata pesantemente. Emergono intanto nuovi dettagli sulla strage di Aleppo, dove martedì sono stati ritrovati almeno 65 cadaveri (oltre 80 secondo altre fonti) lungo il fiume Qewaq. La strage, afferma l’agenzia ufficiale Sana, sarebbe stata commessa dal gruppo Jabhat al-Nusra, considerato vicino ad al-Qaeda.Qualche segnale nella ricerca di una soluzione, è giunta dal capo della Coalizione dell’opposizione siriana, Ahmed al Khatib, che si è detto pronto «a colloqui diretti con i rappresentanti del regime siriano al Cairo, in Tunisia o a Istanbul» a condizione che vengano prima liberati dei detenuti.Intanto l’Ue sta valutando una possibile revisione dell’embargo sulle armi in modo da rifornire, sotto garanzia, l’opposizione, come chiesto da Francia e Gran Bretagna. Il tema sarà discusso dal Consiglio dei ministri degli Esteri Ue, oggi a Bruxelles.
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