sabato 10 aprile 2021
Pechino vuole imprimere un'accelerazione alla campagna di immunizzazione della popolazione. E sceglie la via della persuasione "morbida"
Ali di pollo fritto e buoni per la spesa: così la Cina spinge il vaccino

Reuters

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Stanare le persone riluttanti a farsi vaccinare? Pechino, questa volta, non sembra essere intenzionata a usare le manieri forti. Ma preferire la strada della “persuasione” morbida. Quale? Offrire ali di pollo fritto, uova, buoni per fare la spesa, premi in denaro ai refrattari dell’inoculazione. A scriverlo è il Washington Post. Per il quotidiano a stelle e strisce tanta premura velerebbe un dato di fatto: la campagna di vaccinazione di massa non procede secondo il ritmo che Pechino ha immaginato (e nonostante i proclami del “Global Times”), avendo raggiunto solo il 4 per cento dell’intera popolazione del gigante asiatico.
A Pechino preme imporre una svolta. In vista delle Olimpiadi invernali e del Congresso nazionale del 2022 (nel quale si deciderà il futuro del presidente Xi Jinping) «i funzionari – scrive il quotidiano Usa – intendono vaccinare il 40% della popolazione entro la fine di giugno e oltre il 64% entro la fine dell’anno». A giocare a sfavore della vaccinazione di massa inseguita da Pechino è un mix di ragioni. La prima: la pandemia di fatto in Cina è stata debellata da mesi, l’urgenza di immunizzarsi non è quindi percepita dai cittadini.
La seconda: Pechino ha usato la diplomazia del vaccino per accreditarsi sulla scena internazionale: in pratica, dicono i maligni, si sarebbe preoccupata di più di vendere dosi all’estero che di garantire le scorte in patria (secondo il Duke Global Health Innovation Center, la Cina ha venduto circa 400 milioni di dosi ad altri Paesi). Terza ragione: un certa sfiducia dei cinesi nei confronti del vaccino “made in China”. Per Human Rights Watch, nessuno dei cinque vaccini cinesi ha fornito, in maniera esaustiva, i dati relativi alla sperimentazione e «il processo di finanziamento e sviluppo dei sieri è stato avvolto nell'opacità». Secondo la Ong, inoltre, Pechino si sarebbe adoperata per “spegnere” le voci critiche nei confronti dell’uso dei vaccini in patria (e dei danni provocati).

Il vaccino cinse Sinovac viene inoculato alle lavoratrici di un complesso industriale a Phnom Penh in Cambogia

Il vaccino cinse Sinovac viene inoculato alle lavoratrici di un complesso industriale a Phnom Penh in Cambogia - Reuters

I numeri, forniti da Pechino, dimostrano comunque che un’accelerazione c’è stata. La Cina ha somministrato 161 milioni di dosi. E con oltre 4,5 milioni di dosi di vaccino somministrate al giorno, ha conquistato il primato nella corsa mondiale all’immunizzazione della popolazione anche se gli Stati Uniti restano in testa per numero di dosi somministrate in assoluto. Ben altri toni usa, per fotografare l’andamento della vaccinazione, il Global Times, organo ufficiale del Partito. Che assicura che il numero di vaccinazioni salirà a 10 milioni di dosi al giorno. L’industria del vaccino procederebbe poi a tutto gas, con la produzione giornaliera aumentata da 1,5 milioni di dosi del primo febbraio agli attuali 5 milioni di dosi. In totale la produzione ammonterà a più di 1,8 miliardi di dosi all’anno. Ora non resta che preparare le ali di pollo fritto per tutti.

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