mercoledì 22 luglio 2015
​​Nessuna rivendicazione del rapimento dei quattro tecnici italiani in Libia. Il ministro: tutte le piste investigative sono aperte. "Non escludo richiesta di scambi".
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​Non c'è stata ancora alcuna rivendicazione del rapimento in Libia dei quattro tecnici italiani - Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla - di cui non si hanno più notizie da domenica sera. Non ha trovato conferma la pista del rapimento a opera di scafisti (scesi in campo per vendicarsi del ruolo in prima linea dell'Italia nel controllo delle coste) nè quella sostenuta dal governo di Tripoli, che il rapimento sia opera di "Jeish al Qabail" (Esercito delle tribù), alleati del generale Khalifa Haftar, una formazione mista composta sia da arabi che da berberi. Nel suo profilo Facebook, il "Comando generale delle forze armate - operazioni dell'esercito nazionale", che fa capo al generale Khalifa Haftar, con sede a Tobruk, ha oggi accusato le milizie di Zuara (Zuwarah), legate alla coalizione Alba della Libia (Fajr) che sostiene il governo di Tripoli, come responsabili del rapimento, un sequestro per scambiarli con scafisti libici detenuti: nella "notizia urgente" si legge che "nostre fonti confermano che le milizie della cosiddetta Fajr Libia di Zuara sono responsabili del sequestro dei quattro italiani". Nel messaggio si legge che il sequestro avrebbe lo scopo di "fare pressioni sull'Italia e ottenere la liberazione di sette libici arrestati per traffico di esseri umani nel Mar Mediterraneo". Anche il politico libico Abdullah Naker, presidente del partito al Qimma, fedele al governo di Tobruk, ha rilanciato l'accusa contro le milizie di Alba della Libia (Fajr). Naker ha ricordato che "il rapimento è avvenuto nella zona intorno a Mellitah". "Sappiamo tutti -ha continuato- che è controllata dalle milizie di Fajr". Intanto è arrivata anche la condanna del presidente palestinese Abu Mazen che ha parlato nel corso della conferenza stampa congiunta con il presidente del consiglio Matteo Renzi. L'ipotesi che dietro il sequestro dei quattro lavoratori italiani in Libia possa esserci una regia che mira ad ottenere dall'Italia lo scambio con gli scafisti individuati e condannati in Italia non è una pista investigativa da escludere a priori, ha poi lasciato intendere il ministro dell'Interno, Angelino Alfano precisando che comunque il governo non farà nessuna trattativa con gli scafisti. I quattro tecnici italiani della ditta di costruzioni Bonatti sono stati fermati mentre rientravano dalla Tunisia a Mellitah, nella zona di Sebrata. Fonti di Sebrata hanno raccontato che i rapitori hanno prima costretto i quattro italiani a scendere dalla loro auto per salire su un'altra; poi hanno gettato a terra i loro telefonini nel timore che potessero essere rintracciati dal segnale del telefono; e infine sono fuggiti "in una zona desertica e impervia del Paese".
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