lunedì 6 gennaio 2014
​53 sono italiani. Il 2014 anno cruciale tra elezioni e fine della missione Isaf. Visita del vicepremier Angelino Alfano: "L'Italia non abbandonerà questo Paese".
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Sarà un anno cruciale quello appena iniziato per l'Afghanistan. Il 5 aprile le elezioni presidenziali designeranno l'erede di Hamid Karzai dopo due mandati consecutivi (il terzo non è consentito). Il 31 dicembre segnerà poi la fine della missione Isaf dopo 13 anni e oltre 3.000 morti tra i militari di 49 Paesi. "Ma l'Italia non abbandonerà questo Paese", assicura il vicepremier e ministro dell'Interno Angelino Alfano, giunto ad Herat per una visita al contingente nazionale e poi volato a Kabul per un colloquio con Karzai e con il comandante di Isaf, generale Joseph Dunford. I militari italiani in Afghanistan sono attualmente circa 2.200: 200 a Kabul, sede del comando generale di Isaf, ed il grosso nella regione Ovest comandata dal generale Michele Pellegrino. Dal gennaio 2013 ad oggi c'è stato un taglio di mille unità. Nella base di Herat sono attualmente dispiegati circa 1.400 italiani, mentre 600 si trovano nella base avanzata di Shindand, zona calda ancora ad alto rischio insorgenti, come dimostra l'attacco che ieri ha coinvolto un elicottero italiano, colpito, senza conseguenze, con armi da fuoco. Ma a metà febbraio i militari tricolori lasceranno Shindand proseguendo nel processo che affida progressivamente alle forze di sicurezza afgane (giunte a 350mila effettivi) la responsabilità del controllo dell'intero territorio nazionale. I rientri in Italia di uomini e mezzi proseguiranno fino ad arrivare, a fine dicembre di quest'anno, a quota 800-900 militari. Dal primo gennaio 2015 Isaf terminerà per lasciare spazio ad una nuova missione, molto più contenuta nei numeri e con compiti di addestramento e non di combattimento, che si chiamerà Resolute Support. Non ancora deciso nei numeri l'impegno dell'Italia, che comunque dovrebbe attestarsi intorno alle 7-800 unità da mantenere sempre ad Herat. "Non vi lasceremo soli - ha detto Alfano al governatore di Herat, che ha ringraziato gli italiani per il sostegno dato alla provincia - e la vostra gratitudine ci fa capire che i nostri 53 morti non sono caduti invano: anche grazie a quel sangue versato oggi l'Afghanistan è un Paese più sicuro e più libero. Significa che quegli italiani sono morti per un ideale grandissimo". Il ministro ha poi parlato ai militari schierati a Camp Arena. "Sono qui - ha detto - per portarvi l'affetto degli italiani: con i vostri sacrifici tenete alta la bandiera tricolore. La libertà non è scontata, va conquistata anche con l'aiuto di popoli amici, come è successo a noi alcuni decenni fa e - ha sottolineato - non bisogna dimenticare che libertà e democrazia qui significano una maggiore sicurezza nel mondo". Passaggio chiave per i nuovo Afghanistan saranno le elezioni di aprile. Tra i candidati c'è anche Qayyum Karzai, fratello dell'attuale presidente. "Mi auguro - ha osservato il vicepremier - che le consultazioni segneranno un nuovo avanzamento per la democrazia afgana con una forte partecipazione popolare ed una legittimazione dei risultati". Il grande punto interrogativo è sempre quello della sicurezza. La situazione in molte aree del Paese è ancora precaria e gli attacchi di chi ha interesse ad ostacolare il cammino del Paese verso la stabilità continuano a fare morti tra le forze afgane e tra quelle Isaf. A Kabul si susseguono gli attentati suicidi, l'ultimo pochi giorni fa con tre vittime Isaf.
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