giovedì 9 febbraio 2012
​In tarda serata mancava ancora la firma finale, ma il documento con le nuove misure di austerity ha il consenso del premier e dei leader dell’esecutivo di salvezza nazionale. Questo pomeriggio alle 18 verrà presentato all’Eurogruppo, convocato d’urgenza da Juncker. Taglio di 15mila statali, del 20% dei salari minimi e stretta sulle pensioni.
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Il quotidiano Kathimerini ieri scriveva che la Grecia era «in bilico fra l’accordo e il collasso». Ma, a meno di sorpredenti colpi di scena, il documento di 50 pagine con le nuove misure di austerity ha il consenso del primo ministro, Lucas Papademos, e dei leader dell’esecutivo di salvezza nazionale e questo pomeriggio alle 18 verrà presentato all’Eurogruppo, convocato ieri da Jean-Claude Juncker, con la presenza del Fmi. La riunione dell’esecutivo ellenico è iniziata ieri alle 5 del pomeriggio ed è andata avanti fino a tarda sera. Domani il premier esporrà il pacchetto economico al Parlamento di Atene e domenica il testo verrà approvato con procedura di urgenza.La Grecia potrà così assicurarsi il maxi prestito da 130 miliardi di euro garantiti dalla troika, ossia l’Unione europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea. Stando ai rumors più attendibili sull’accordo, in cambio, Atene taglierà 15mila impiegati nel settore pubblico e opererà una riduzione del 22% sui salari minimi, che arriveranno a 751 euro. Rimane ancora in sospeso il taglio alle pensioni, che avrebbe incontrato fino all’ultimo resistenze da parte di tutte le forze politiche presenti, soprattutto dal partito conservatore Nea Democratia e dagli ultra conservatori del Laos, mentre i socialisti del Pasok apparivano più possibilisti.Aspettano tutti, dentro e fuori il Paese. Ieri nella mattinata, un portavoce dell’Istituto Internazionale di Finanza (IIF), che negozia per conto dei creditori privati, ha espresso ottimismo, per quanto cauto, sul contenuto dell’accordo. Il premier Papademos e il ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, hanno parlato con Charles Dallara, che ieri è volato a Parigi per parlare con investitori e creditori, e che ha definito "costruttivi" i colloqui con il governo di Atene, soprattutto per quanto riguarda lo scambio di bond programmato, negoziato con banche e assicuratori, destinato ad alleggerire l’onere del debito a cui la Grecia dovrà fare fronte.Se l’Europa aspetta fiduciosa, l’Ellade attende con rabbia. I titoli dei quotidiani non lasciano dubbi e ieri campeggiavano in una Atene desolata che faceva ancora i conti con lo sciopero generale del giorno prima, a cui hanno partecipato 20mila persone. Il quotidiano Vradyni titola: «La notte dei lunghi coltelli per i nostri salari e le nostre pensioni». Le preoccupazioni sono tante, anche da parte degli addetti ai lavori. La Confederazione Nazionale per il Commercio ellenico (Esee) ha messo in guardia il governo sul fatto che un pacchetto molto duro porterà il Paese in una condizione di recessione profonda. Alcuni segnali sono già arrivati. Proprio ieri il quotidiano economico Imerissia ha reso noto che a gennaio 2012 le entrate dovute al pagamento dell’Iva sono diminuite del 18,7% rispetto a gennaio 2011, soprattutto a causa della chiusura delle aziende. Le stime vedono un aumento della disoccupazione del 20% nei prossimi mesi.Sui quotidiani l’appello si rincorre da giorni: elezioni subito. Le vogliono soprattutto i conservatori, mentre i socialisti del Pasok vedrebbero bene Papademos alla guida del governo di salvezza nazionale per altri due anni. Le posizioni dei partiti di centro destra contro alcune parti del piano di austerity sembrano confermare che la campagna elettorale verso un probabile voto in aprile è già partita, con i relativi sondaggi. Una ricerca condotta dalla società Public Issue su un campione di 1002 persone, dà i conservatori di Nea Democratia in netto vantaggio al 31%, in linea con i risultati del 2009 e insufficiente a formare il governo da soli, mentre i socialisti del Pasok in calo vertiginoso all’8%. A guadagnare, sarebbero i partiti di ultra destra, spesso di orientamento anti-europeo.
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