venerdì 26 ottobre 2018
Il premier giapponese Shinzo Abe è sbarcato a Pechino. Obiettivo: rilanciare la cooperazione economica. Ma Abe vedrà domenica anche il primo ministro indiano Narendra Modi. In chiave anti-cinese
Abe in Cina, Modi in Giappone: l'Asia ribolle
COMMENTA E CONDIVIDI

L’Asia “ribolle”. Ad agitare le acque – e a spingere verso configurazioni politiche e alleanze economiche inedite - è il fattore Donald Trump. E la guerra commerciale che il presidente americano ha dichiarato contro nemici (leggi Pechino: tariffe sui prodotti cinesi per 250 milioni di dollari) e amici (Giappone compreso). Il risultato? L’agenda politica asiatica è incandescente. Oggi il premier giapponese Shinzo Abe è sbarcato in Cina, due Paesi abituati da tempo a guardarsi in cagnesco. Ma non basta: lo stesso Abe riceverà a Tokyo il primo ministro indiano Narendra Modi, che arriverà domenica per il summit annuale tra le due nazioni (è terza volta del premier indiano in Giappone). Una triangolazione vertiginosa: le due partite, tra Cina e Giappone da una parte e tra Giappone e India dall'altra, sono inestricabilmente legate. In gioco c’è quella che molti analisti classificano come la nuova Guerra Fredda, quella che si disputa nelle acque dell’Oceano Indiano.

Cina e Giappone guardano agli affari (comuni). Dopo aver incontrato il premier cinese Li Keqiang, Abe ha fatto sapere che i due Paesi vogliono promuovere una "nuova cooperazione economica". Il premier giapponese, accompagnato da 500 uomini d'affari, ha usato toni entusiastici. “Passando dalla competizione alla collaborazione, vogliamo portare le relazioni tra Giappone e Cina in una nuova era. Il Giappone e la Cina sono vicini e partner. Non diventeremo una minaccia l'uno per l'altra”. Da parte sua Li, ha parlato di rapporti tornati normali tra i due Paesi. La Cina, ha detto, vuole portare “la cooperazione economica e commerciale in una nuova fase". Non solo: Tokyo e Pechino hanno espresso la volontà di migliore le comunicazioni per evitare incidenti “casuali” tra i due eserciti e di armonizzare gli sforzi per rendere il Mar Cinese Orientale un "mare di pace, cooperazione e amicizia".

Fin qui la diplomazia del sorriso (e degli affari). Alla quale però si intreccia e se ne sovrappone un’altra. Perché il Giappone si muove anche seguendo un’altra pista: il contenimento militare dello strapotere cinese. Guardando a un nemico storico di Pechino: vale a dire l’India. Abe e Nodi firmeranno un patto logistico che consentirà a ciascun Paese l'accesso alle basi navali dell'altro. In pratica le navi militari giapponesi useranno le basi indiane sulle isole Andamane e Nicobare per rifornirsi di carburante e ottenere altri servizi. La marina indiana avrà, a sua volta, accesso alle strutture giapponesi. Per la prima volta poi, l'esercito indiano e la forza di autodifesa terrestre del Giappone condurranno anche esercitazioni congiunte a Vairengte, nello Stato indiano nord-orientale del Mizoram, nel mese di novembre. Il Mizoram non confina con la Cina, ma non è lontano dall'Arunachal Pradesh, lo Stato indiano che fu teatro di una breve e aspra guerra tra India e Cina nel 1962.

In gioco c’è il controllo delle rotte che passano per l'Oceano Indiano, diventato una delle aree marittime più importanti, trafficate e contese del mondo. Oltre il 60% delle spedizioni petrolifere mondiali passa attraverso le sue acqua, così come il 70% di tutto il traffico di container da e verso le nazioni industrializzate dell'Asia.



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: