giovedì 17 marzo 2022
Dopo 18 mesi di stallo è arrivata la svolta di Bruxelles, finora ostile allo stop. Il pre-accordo dovrà passare al vaglio del Consiglio del commercio mondiale. I dubbi delle organizzazioni umanitarie
La vaccinazione di un adolescente in un centro di Mumbai

La vaccinazione di un adolescente in un centro di Mumbai - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Non è ancora il risultato pieno che il Sud del mondo attende da quel 2 ottobre 2020 quando Sudafrica e India cominciarono la “battaglia dei brevetti” alla Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Né la riedizione della vittoria dei piccoli sugli antiretrovirali per la cura dell’Hiv, degli anni Novanta. È, tuttavia, il passo che sblocca oltre diciotto mesi di stallo. «Il maggiore compiuto finora», ha sottolineato la direttrice generale Ngozi Okonio-Iweala. I quattro attori-chiave della trattativa hanno raggiunto una sorta di pre-accordo – ancora provvisorio e in via di ultimazione – sulla sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid. Nel “quartetto” figurano ovviamente i due promotori dello stop – Pretoria e New Delhi – e gli Stati Uniti che Joe Biden, a sorpresa, ha schierato l’anno scorso al fianco di questi ultimi. Fra gli aderenti, però, stavolta – e questa è la vera svolta – c’è anche l’Ue, finora ostile a qualunque deroga ai brevetti. «È stato un processo lungo e difficile ma alla fine abbiamo trovato un compromesso», ha affermato la portavoce della Commissione, Miriam García Ferrer.


La mediazione di Washington è stata determinante nel cambio di posizione di Bruxelles che ha accettato di cedere. Solo, però, sui vaccini che potranno essere prodotti ovunque, senza l’autorizzazione della casa farmaceutica titolare per un intervallo tra i tre e i cinque anni. Restano, invece, protetti i kit diagnostici e i farmaci curativi, inclusi, invece, nella proposta indo-sudafricana. Un altro punto essenziale riguarda i destinatari della deroga: possono valernese solo i Paesi in via di sviluppo che abbiamo esportato meno del 10 per cento delle dosi globali di fiale anti-Covid lo scorso anno. La Cina, dunque, sarebbe esclusa mentre vi rientrerebbe l’India che ha bloccato l’export di dosi per buona parte del 2021. La bozza, inoltre, deve essere approvata dalle 164 nazioni parte della Wto: è sufficiente l’opposizione di uno Stato per bloccarla. I tempi, dunque, per arrivare alla sospirata sospensione non si profilano brevi. Nel frattempo, la diseguaglianza nella distribuzione dei vaccini resta tragica. La Repubblica democratica del Congo ha immunizzato lo 0,5 per cento della popolazione contro l’81 per cento del Canada o l’85 per cento della Spagna. Big Pharma, ferocemente critica sul pre-accordo per bocca della Federazione internazionale Ifpma, sostiene che la sospensione delle licenze non risolverà il problema poiché in buona parte del Sud del pianeta non ci sarebbero le competenze tecniche e logistiche per produrre le dosi. In realtà – anche se la bozza su questo punto è ambigua –, insieme ai vaccini verrebbero sospese anche i diritti sugli ingredienti e i processi di realizzazione. E molti Paesi asiatici, africani e latinoamericani hanno una lunga esperienza in questo tipo di produzione. Non a caso Pfizer-Biontech ha appaltato una parte della fabbricazione alla bengalese Incepta, alla brasiliana Eurofarma o alla sudafricana Bionvac.


Per opposte ragioni, anche le organizzazioni della società civile – da Knowledge ecology international e People’s vaccine alliance – che sostengono lo stop temporaneo hanno espresso dubbi sul testo. «Anche se gli sforzi per arrivare al compromesso sono stati notevoli – ha sottolineato Dimitri Eynikel, di Medici senza frontiere (Msf) –, quest’ultimo presenta forti limiti e deve essere migliorato, includendo i farmaci per il trattamento del Covid». I loro costi sono alti, ha aggiunto Vittorio Agnoletto, medico e responsabile italiano della campagna europea Nessun profitto sulla pandemia. Pertanto, la bozza è un «chiaroscuro».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: