mercoledì 30 novembre 2022
In un video l'annuncio della presidente della Commissione Europea: serve un Tribunale speciale, sostenuto dall'Onu, useremo i beni congelati degli oligarchi e della banca centrale russa
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen - Ansa

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L’Unione Europea vuole una Norimberga per Vladimir Putin e l’intero establishment del Cremlino. «Pur continuando a sostenere il Tribunale penale internazionale, proponiamo di istituire un tribunale speciale, sostenuto dalle Nazioni unite, per indagare e perseguire il crimine di aggressione della Russia».

Lo ha annunciato in un video pubblicato sui canali social la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Gli Stati Uniti si sono detti subito disponibili a cooperare con l’eventuale tribunale speciale. Il rischio di depotenziare la Corte penale internazionale dell’Aja è però alto. Gli Stati Uniti infatti non hanno aderito al tribunale internazionale e così anche la Russia. L’Ucraina, che non è tra gli Stati membri dell’organismo, si è tuttavia sottomessa alla giurisdizione dell’Aja con cui collabora nella ricerca di riscontri per crimini di guerra e contro di diritti umani.

Se l’Aja indaga su entrambi i fronti, verificando anche le accuse di crimini commessi dalle forze Ucraine, il tribunale speciale proposto da von der Leyen orienterebbe le imputazioni unicamente contro Mosca. «Siamo pronti a iniziare a lavorare con la comunità internazionale per ottenere il più ampio sostegno internazionale possibile per questo tribunale speciale», ha insistito la presidente della Commissione Ue. Per evitare di delegittimare l’Aja, la “Norimberga” contro Putin dovrebbe occuparsi esclusivamente del reato di «aggressione contro un altro Stato». Una fattispecie che al momento non è contemplata dai poteri concessi alla Corte penale internazionale.

In questo modo i procedimenti giudiziari potrebbero essere avviati parallelamente ma non in contrapposizione. Tutti gli Stati membri dell’Ue hanno aderito alla Corte penale internazionale. Poiché la Russia non accetta la giurisdizione del tribunale dell’Aja, il crimine di “aggressione”, che nel diritto internazionale è contestato alla più alta leadership politica e militare, non può essere perseguito dalla Cpi.

Gli Stati Uniti sostengono «l’idea di uno sforzo internazionale per mettere Mosca di fronte alle sue responsabilità», ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby. L’Ucraina e 14 Stati membri hanno avviato indagini sui crimini commessi da Mosca. Le indagini sono supportate dalla “procura europea” Eurojust che ha inviato squadre investigative internazionali, composte anche da inquirenti italiani. Dal campo di battaglia continuano a giungere informazioni che non danno spazio ad alcuna possibilità negoziale in questa fase e che non risparmiano le chiese dal coinvolgimento nel conflitto. Se ieri Kiev ha dato ordine di compiere altre perquisizioni in monasteri rimasti fedeli al patriarca russo Kirill, nei giorni scorsi due sacerdoti di rito greco-cattolico erano stati arrestati dalle forze filorusse nel Donbass.

L’esarcato greco-cattolico di Donetsk ha diffuso un comunicato, rilanciato da Aiuto alla Chiesa che Soffre, sullo stato di detenzione del parroco della chiesa della Natività della Beata Vergine Maria, padre Ivan Levytskyi, e del vicario padre Bohdan Heleta, «illecitamente arrestati a Berdyansk». «Si presume che i sacerdoti - riferisce l’esarcato - possano essere torturati con lo scopo di ottenere da loro una confessione di possesso di armi, di cui erano stati precedentemente accusati dai rappresentanti dell’amministrazione istituita dalle truppe russe». Una confessione che potrebbe essere necessaria «per permettere al cosiddetto “tribunale” di emettere un verdetto e punire illegalmente i nostri chierici». Perciò viene nuovamente chiesto l’immediato rilascio dei sacerdoti, denunciando «tali metodi di lotta contro la Chiesa, che sono una clamorosa violazione del diritto internazionale, in particolare delle leggi e delle consuetudini di guerra».

E oggi il sito Internet ufficiale della Santa Sede è stato messo offline a seguito di un apparente attacco informatico. «Sono in corso indagini tecniche a causa di tentativi anomali di accesso al sito», ha dichiarato il direttore della Sala stampa vaticana, Matteo Bruni. Il sospetto su una azione di hacker è alimentato anche dalla tempistica. Il giorno precedente Mosca aveva criticato l’ennesima condanna di Papa Francesco contro l’invasione della Russia in Ucraina. Papa Francesco aveva denunciato nuovamente la brutalità del conflitto e le deliberate crudeltà contro i civili. Parole che da Mosca sono state giudicate come una «perversione della verità».
Sul terreno gli attacchi non conoscono sosta.

La tensione è tornata a salire al Sud, specialmente l’area di Kherson e le vie d’accesso alla Crimea. Mosca ha sostenuto che le sue forze si sono spinte in avanti nell’Ucraina orientale riprendendo terreno nel Donbass, dopo le cocenti sconfitte e le vistose ritirate delle scorse settimane. Ma secondo il presidente Zelensky , la Russia sta «pianificando qualcosa» nel Sud. Lo Stato Maggiore ucraino ha dichiarato di avere respinto 6 attacchi russi in 24 ore nella regione orientale del Donbass, mentre l’artiglieria russa ha bombardato senza sosta le aree urbane a ridossi del fiume Dnipro, e specialmente il vasto abitato di Kherson. «La situazione al fronte - ha ammesso Zelensky - è difficile».

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