giovedì 29 settembre 2016
​Le testimonianze dei civili, ridotti ormai allo stremo. «Continuano a mancare medici e acqua pulita».
DOMANDE & RISPOSTE SU ALEPPO
L'APPELLO Il Papa: «I responsabili delle bombe renderanno conto a Dio»
Da Aleppo: «È una trappola, ci sparano addosso»
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«Ci sono due modi per morire  ad Aleppo, il primo è venire colpiti da un razzo, il secondo è vedere tuo figlio spegnersi piano piano». Parla al telefono Zeidan, 40 anni, con quel filo di voce che gli è rimasta in questi giorni di attacchi aerei senza precedenti ad Aleppo. Suo figlio, Habbudi, appena adolescente, ha una una forma rara di anemia, chiamata aplasia midollare. «Ha bisogno costante di trasfusioni – spiega il padre di famiglia – ma da quando hanno bombardato la banca del sangue stiamo assistendo al peggioramento delle condizioni di Habbudi senza poter fa niente».Già, perché continuano a piovere mortai, razzi, e barili bomba sulla parte orientale di Aleppo, rendendo di fatto impossibili gli spostamenti nella parte Ovest della città, dove molti servizi continuano a funzionare normalmente. Compresi gli ospedali. La banca del sangue del quartiere al-Shaar, nella parte Est della città, era già stata colpita a fine luglio. Poi aveva ricominciato parzialmente a funzionare, ma la furia dei raid di questi giorni ha ripreso a colpire gli ospedali delle zone fuori dal controllo governativo. DOMANDE & RISPOSTE SU ALEPPOImmagini riprese dall’inviato dell’emittente al-Jazeera, mostrano corpi di feriti gravi adagiati a terra nell’unico ospedale funzionante della zona Est. Una struttura in cui mancano il diesel per far andare i generatori di corrente, l’acqua corrente, e i dottori. Fonti mediche fanno sapere inoltre che è rimasta una sola ostetrica e due pediatri per l’intera area (dove ci sono più di 85mila bambini). Sull’emergenza idrica, poi, è arrivato anche il monito dell’Unicef: «Privare i bambini di acqua pulita – ha detto la portavoce Hanna Singer – li espone al rischio di epidemie. Ma-lattie, che si aggiungono alla sofferenza, alla paura e all’orrore che i minori ad Aleppo vivono giorno dopo giorno». Finora sono caduti nel vuoto tutti gli appelli da parte delle organizzazioni umanitarie. Il cessate il fuoco, accordato da Usa e Russia due settimane fa, sembra ormai palesemente fallito, seppure, al di là degli insulti, ci sia l’intenzione da entrambe le parti di riprenderlo. Il fallimento della diplomazia, ha ricordato il segretario di Stato americano John Kerry, significa vedere più cadaveri nelle strade. Lo sa bene Yahia Mohammed, che ha assistito alla morte, sotto i suoi occhi, dei suoi vicini di casa. «Li conoscevo da una vita – racconta – marito e moglie, due persone anziane, indifese, gentilissime. Ho visto un razzo cadere proprio sulla loro casa e sono scappato via per mettere al sicuro la mia famiglia».
L'APPELLO Il Papa: «I responsabili delle bombe renderanno conto a Dio»Yahia Mohammed ha vissuto con sorpresa il raid perché finora il suo quartiere, Ballat, non era mai stato al centro del conflitto. «Ho preso mia moglie e i miei figli e ci siamo diretti verso il quartiere Kadi Askar. Proprio quando stavamo per arrivare abbiamo visto cadere due barili bomba. La cosa orribile è che queste bombe non solo esplodono, ma vibrano anche, come un terremoto». L’uomo compie poi un terzo tentativo di fuga, andato male anche quello. «A quel punto – ammette rassegnato – mi sono fermato dov’ero. Ho pensato: o muoio o Dio mi concede di vivere ancora». Sono i momenti di calma che riflettono ancora più drammaticamente la disperazione di Aleppo. Dalla fallita tregua, negli ultimi otto giorni, secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani sono morte 248 persone ad Aleppo. La speranza della popolazione è che i ribelli accettino un salvacondotto per ritirarsi, come avvenuto a Homs e in alcune zone periferiche di Damasco. Ma finora in Siria ogni punto di accordo tra le due parti in conflitto è dovuto passare sul corpo di migliaia di vittime, per lo più civili. In cinque anni di guerra, ci sono stati negoziati sottobanco, tregue locali, salvacondotti, affari nel mercato nero delle armi, scambi di prigionieri e ingenti spostamenti di ribelli con famiglie a seguito, a dimostrazione del fatto che i contatti ci sono e un dialogo tra governativi e ribelli, seppure opportunistico, è possibile. La sensazione da parte degli abitanti di Aleppo è che il regime di Assad, forte dell’appoggio russo, stia approfittando dell’attenzione della comunità internazionale per aumentare al massimo il proprio potere negoziale. Con buona pace di chi vede morire i propri figli «piano piano».
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