venerdì 23 dicembre 2022
La regione filorussa della Transnistria ha aspirazioni separatiste da lungo tempo e guarda a Mosca, che potrebbe pensare di annetterla. Proteste contro il governo che chiude le tv filorusse
Protesta a Chisinau, capitale della Moldavia, contro la decisione del governo di chiudere sei canali tv accusate di essere filorusse

Protesta a Chisinau, capitale della Moldavia, contro la decisione del governo di chiudere sei canali tv accusate di essere filorusse - Ansa

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Non c’è parola che venga pronunciata in Ucraina né attacco sferrato dalla Russia che non abbia ricadute immediate sul più piccolo e militarmente fragile Paese europeo. Dall’inizio del conflitto la Moldavia vive come in permanente rischio d’assedio. Tra i timori di un colpo di stato interno e quelli per un’aggressione dall’estero. Scenario che per la prima volta i servizi segreti di Chisinau non solo non escludono, ma indicano come inevitabile se la Russia dovesse rilanciare l’invasione verso Kiev.

Alexandru Mustiata, capo degli 007 moldavi, ritiene che questo sia «un alto e reale rischio». Molto più di una probabilità. «La domanda non è se la Russia lancerà una nuova offensiva nella direzione della Moldova, ma quando accadrà: all’inizio del 2023, gennaio o febbraio, o più avanti, in marzo o aprile», ha detto Mustiata a Tvr Moldova, rilanciato dai media ucraini. Parole a cui sono seguiti alcuni chiarimenti degli 007 di Chisinau: «Sulla base delle nostre informazioni, la Russia potrebbe avanzare per creare un corridoio con la Transnistria, che è territorio della Moldavia. Cosa succederà dopo? Possiamo discutere delle loro intenzioni nei confronti di Chisinau, ma c’è un rischio reale e molto alto», ha precisato Mustiata.

Prendere la Moldavia potrebbe non essere l’obiettivo principale. Mosca, secondo i servizi segreti del Paese, avrebbe necessità di creare e sigillare una propria enclave dalle spiagge del Mar nero a sud di Odessa fino alla Transnistria, la regione separatista filorussa, nella quale si trova il più grande deposito d’armi sul Continente europeo, nel quale è custodito una parte dell’arsenale dell’Unione Sovietica. Attualmente i sotterranei nei pressi di Tiraspol sono sorvegliati da almeno 1.500 soldati di Mosca dispiegati da anni sotto la copertura di “peacekeeper”, una forza di pace dislocata per proteggere gli armamenti e, allo stesso tempo, tenere sotto massima pressione Chisinau.

L’ipotesi adombrata dall’intelligence moldava non è nuova. Nella scorsa primavera le forze armate russe avevano detto di voler conquistare la costa ucraina del mar Nero per arrivare fino alla Transnistria, mentre il governo di Kiev in questi giorni ripete di temere una possibile nuova offensiva russa su vasta scala dall’inizio del 2023. Il 6 dicembre nella capitale ucraina i primi ministri dei due Paesi hanno concordato di cooperare in materia di difesa aerea e protezione dei confini. Mentre la Nato continua a svolgere esercitazioni a poca distanza da Chisinau per scoraggiare eventuali incursioni delle forze russe.

La decisione della Moldavia di vietare temporaneamente sei canali televisivi viene giudicata da Mosca come «censura politica». Il piccolo Stato ex-sovietico ha accusato i media di aver trasmesso «informazioni non corrette» sulle operazioni militari russe in Ucraina. Le emittenti, alcune delle quali trasmettono in moldavo e altre in russo, sono strettamente legate al politico e uomo d’affari Ilan Shor, fuggito dal Paese nel 2019 dopo l’elezione del presidente filo-occidentale Maia Sandu.

Shor, in esilio in Israele, ha appoggiato le proteste a Chisinau per chiedere le dimissioni del governo di Sandu e spingere per un riavvicinamento con Mosca, che intrattiene rapporti consolidati, anche di tipo finanziario, con imprenditori ed esponenti politici, alcuni dei quali indagati per corruzione internazionale e per aver alimentato proteste di piazza e manifestazioni non autorizzate nonostante lo stato d’emergenza rinnovato più volte e la cui scadenza è stata spostata a febbraio 2023.

«La Moldavia deve essere protetta dalla propaganda e dalle menzogne», ha scritto il vice primo ministro Andrei Spinu sul sito web ufficiale del governo. I sei canali, ha detto, hanno raccontato la Moldavia e la guerra «in modo distorto e manipolato». «Un abuso del principio del pluralismo dei media e una flagrante violazione del diritto alla libertà di accesso all’informazione», ha reagito Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo.

Parole che a Chisinau hanno generato allarme. Non perché a pronunciarle è un Paese come la Russia, notoriamente nemico della libertà di stampa ed espressione, ma per le conseguenze che preannuncia. «Alla luce delle ripercussioni senza precedenti per la parte russofona della popolazione del Paese – ha avvertito Zakharova – , lo consideriamo una cinica violazione dei diritti delle minoranze nazionali». Argomenti analoghi a quelli adoperati da Mosca alla vigilia dell’aggressione all’Ucraina.

Il 5 dicembre la polizia moldava ha rinvenuto frammenti di un missile caduto vicino al confine con l’Ucraina. Le autorità di Chisinau non avevano commentato pubblicamente l’incidente. Il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko, aveva però chiesto «più sistemi di difesa missilistica» ai suoi alleati occidentali.

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