mercoledì 22 giugno 2022
Sul fronte di Schevchenkove la fanteria si muove rapidamente per disorientare il nemico. Che risponde con l’aumento dei droni spia intorno a Kherson
Macerie

Macerie - Ansa

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Il soldato dai capelli bianchi è esausto. Quando i paramedici militari lo prelevano dalla trincea, l’uomo ha la pressione così bassa da far temere un collasso. È stanco, ma non di stare al fronte a respingere l’attacco russo da Kerson. L’umore del campo di battaglia è tutto qui: una guerra che nessuno voleva, ma che nessuno vuole chiudere alzando per primo la bandiera bianca. Le tecniche di guerriglia applicate alla fanteria stanno mandando in confusione l’artiglieria di Mosca. Mentre raggiungiamo le linee avanzate di Schevchenkove, vediamo un continuo spostarsi di cannoni, obici, carri armati che sbucano dalle campagne e vengono caricati sui camion. Poi, a tutta velocità, questi li faranno sbarcare su altre trincee. Si colpisce da una parte e quando le forze russe reagiscono, la fanteria si è già spostata ed è pronta ad aggredire un altro fianco. Perciò è aumentato sul cielo da Mykolaiv a Kherson la presenza di droni spia. Uno viene abbattuto proprio sulle nostre teste da un razzo antiaereo in dotazione alle forze di Kiev. Il velivolo senza pilota si nascondeva tra le nuvole che annunciano maltempo, ma è stato avvistato dai radar. La risposta degli artiglieri delle forze di occupazione è come sempre brutale. La terra trema per chilometri e chilometri, per ore e ore. Fino a quando altri due missili riescono a bucare la barriera della contraerea per distruggere alcune case di campagna nei dintorni di Mykolaiv.

Neanche quella di oggi si preannuncia come una giornata in cui poter sognare ventiquattr’ore di tregua dopo quattro mesi di piombo. Il 22 giugno, l’Ucraina celebra la Giornata del dolore e della memoria per le vittime della guerra tedesco-sovietica. Una nostra fonte militare ci mette in guardia: «C’è un’alta probabilità di provocazioni da parte delle forze di occupazione con possibili attacchi missilistici». Le indicazioni sono le solite: «Astenersi dal soggiornare in luoghi affollati; in caso di allerta aerea recarsi immediatamente al rifugio più vicino; nelle stanze, ricordarsi la regola dei due muri e due uscite». Vuol dire cercare un riparo tra due pareti interne e avendo a disposizione almeno un paio di vie di fuga. Impossibile per quasi chiunque viva in un appartamento normale, ma neanche questo ennesimo allarme sembra far cambiare abitudine agli irriducibili dei bar all’aperto. «Purtroppo – aggiunge la fonte – i rumors sull’ avvicinamento di numerose navi lanciamissili affiancate da unità da sbarco e sottomarini oggi sono stati confermati dalle autorità militari . Il rischio di attacchi missilistici è altissimo».

Ma il maggior timore restano i sabotatori russi. Ieri a Odessa gli uomini del servizio segreto (Sbu) hanno arrestato un insegnante di informatica che, secondo l’accusa, ha utilizzato alcuni social network vietati per propagandare l’aggressione armata della Federazione russa e le azioni dell’esercito di Mosca. Dallo scorso fine settimana, gli arrestati sono venti, a cui si aggiunge un uomo di origini russe che grazie a una serie di appostamenti avrebbe indicato con precisione ai quali piloni d’acciaio del ponte di Zakota colpire per rendere inservibile l’unica infrastruttura viaria che collega direttamente Odessa alla regione sud, oltre il fiume Dnestr, in direzione della Romania. Proprio nel Paese confinante sarebbe dovuto arrivare una parte del grano da spedire attraverso le navi cargo ormeggiate nel porto di Costanza. Ipotesi accantonata dopo il quinto fatale bombardamento del ponte. A due ore d’auto, intorno a Mykolaiv, il traffico sulla strada aperta ai soli militari è apparso sostenuto. Ci arriviamo grazie a un lasciapassare che consente di raggiungere le linee avanzate senza dover sottostare agli ordini - e ai divieti - dei comandanti di campo. I carristi che alla chetichella provano a spostare i blindati all’inizio, ci guardano storto. Sono ragazzi interamente ricoperti di fuliggine e grasso nero. Poi si mettono a chiacchierare della vita al fronte e dei timori a dare battaglia da dentro una scatola di metallo chiassosa e certo non invincibile.

«È impossibile prendere Odessa se non si prende Mykolaiv. Ma per come vanno le cose -– ripetono – è impossibile prendere Mykolaiv». E se dovesse accadere, gli ucraini sono pronti a bersagliare il ponte Antonov, la maestosa opera di collegamento sul Dnepr proprio a Kherson. Se accadesse, vorrebbe dire rinunciare a riconquistare la città da cui si accede alla Crimea. Ma potrebbe essere l’estremo bersaglio per non perdere Odessa. A Mykolaiv intanto si preparano al peggio. Tunnel sotterranei, cantine, catacombe, vengono attrezzati e collegati in un reticolo nel quale proteggere la popolazione e riorganizzare una resistenza nel buio se davvero i battaglioni degli invasori prendessero d’assedio la città. «Non possiamo farci trovare impreparati. E i militari dell’Azovstal ci hanno dimostrato che è possibile resistere per mesi», spiega uno degli “architetti” della città sotterranea. Una prospettiva da orrore, ma che non mette in fuga la popolazione rimasta. Come di consueto le autorità militari confermano i danneggiamenti agli obiettivi militari ventiquattr’ore dopo le esplosioni. Così da Odessa il “Comando Sud” fa sapere che, il giorno prima, uno dei 14 missili Onycs scagliati contro la regione ha distrutto gli hangar all’interno dei quali si trovavano i droni ucraini. Si tratterebbe della piattaforma di lancio da cui erano partiti gli attacchi di Kiev contro le piattaforme per la produzione di gas nel Mar Nero. Mosca ha condito la notizia con le solite allusioni.

Gli hangar erano stati identificati «durante un’operazione di ricognizione», ha detto il portavoce del ministero della Difesa, Igor Konashenkov. Un modo per sbeffeggiare l’intelligence ucraina e i radar che non avrebbero visto i velivoli ricognitori. Nelle stesse ore, gli ucraini hanno attaccato per 30 volte con i droni armati l’Isola dei Serpenti, conquistata dalla Marina di Mosca. Ieri quest’ultima è tornata dispiegare nel golfo tre navi d’attacco che trasporterebbero una trentina di missili da crociera. E alle 22 in punto le sirene su Odessa annunciano un’altra lunga notte di coprifuoco.

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