venerdì 10 giugno 2022
La paura per Kiev è che la città diventi una seconda Mariupol, caduta in mani russe dopo 90 giorni di assedio
A Severodonetsk si combatte senza tregua

A Severodonetsk si combatte senza tregua - Ansa

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Le torri “bucano” la coltre di fumo nero che si addensa, sinistra, sulla città. L’impianto chimico Azot, a Severodonetsk, è stato investito ieri dai missili russi. Due volte. Dentro, asserragliati, nascosti nei bunker sotterranei, come già accaduto a Mariupol, ci sarebbero 800 civili, 10mila quelli ancora rimasti in città. La battaglia per la conquista della città industriale del Donbass continua in modo «brutale», come ha ripetuto più volte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «La situazione è difficile, ma gestibile», ha detto, a sua volta, il sindaco della città, Oleksandr Stryuk.

Una cosa è certa. La battaglia «decide il destino del Donbass», come riconosciuto dallo stesso Zelensky. Severodonetsk e la città “gemella” Lysychansk, sono gli ultimi “brandelli” del Lugansk ancora controllati dagli ucraini. Sull’esito della battaglia che prelude alla presa dell’intero Donbass – costituito oltre che dal Lugansk dal Donetsk – pesa la disparità delle forze in campo. Il presidente ucraino, nei giorni scorsi, esaltando il valore della resistenza ucraina, aveva parlato della soverchiante «potenza» russa.

Il comandante del battaglione della guardia nazionale ucraina, Petro Kusyk, ha fatto sapere che i suoi uomini stanno attirando i nemici in combattimenti di strada per neutralizzare il vantaggio dell’artiglieria russa. Mosca “risponde” intensificando gli attacchi missilistici – secondo Kiev Mosca ha sparato, in 105 giorni di guerra, circa 2.600 missili contro le città ucraine – nel tentativo di disimpegnare le sue truppe sul terreno e di impiegarle solo dopo aver fatto “terra bruciata”. L’unica “soluzione” per Kiev sono le armi occidentali. Non a caso il governatore regionale del Lugansk Sergiy Gaidai ha sostenuto che «se l’Occidente fornisse armi a lungo raggio, i soldati ucraini spazzerebbero via le forze russe da Severodonetsk in due o tre giorni».

La paura è che la città diventi una seconda Mariupol, caduta in mani russe dopo 90 giorni di assedio. E che le stesse ferite e gli stessi orrori, che continuano ad emergere nella città sul mar d’Azov, si possano replicare a Severodonetsk. Gli ultimi sono stati denunciati dal consigliere del sindaco della città Petro Andryushchenko (che non si trova più in città): «Gli occupanti russi demoliscono le case a Mariupol e si rifiutano di cercare i corpi dei morti sotto le macerie», ha detto. Cadaveri che sarebbero tanti, tantissimi. «Tra i 50 e i cento sotto ogni condominio», azzarda Andryushchenko. Che parla poi di una vera e propria «carovana della morte» che percorrerebbe incessantemente la città, con i corpi che vengono portati negli obitori o nelle discariche, a seconda del loro stato di decomposizione.

Nella città gli occupanti stanno portando avanti una sorta di “russificazione”. Pagando ad esempio, sempre secondo le testimonianze riportare da Andrushchenko, le pensioni in rubli. L’agenzia russa Ria Novosti ha riferito che sono state ricevute circa 46mila domande di pagamento delle pensioni alle autorità dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, che ha iniziato a effettuare i pagamenti. Secondo Andrushchenko il «20-30% dei nostri anziani Mariupol non accettano l’occupazione e deliberatamente non hanno presentato i documenti per ricevere la pensione».

Iniziative non isolate. Il ministro dell’Educazione di Mosca, Sergheij Kravtsov ha annunciato che dal primo settembre le scuole del Donbass seguiranno i programmi del sistema scolastico della Russia. «Sono state prese le decisioni sulla nuova formazione dei docenti, che comincerà il 14 giugno, e sulla fornitura di testi scolastici russi alle scuole delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk», ha fatto sapere. Da parte sua, Vitaly Khotsenko, nominato due giorni fa nuovo premier della repubblica separatista di Donetsk, ha parlato della necessità di «sincronizzare» la legislazione della regione con quella di Mosca: «Vogliamo assicurarci che la nostra legislazione sia simile a quella della Federazione Russa e, inoltre, che sia quasi identica».

Infine il “fronte” dell’acciaieria Azovstal. Un tentativo per irrompere militarmente a Mariupol e sbloccare la situazione dell’impianto siderurgico, fu organizzato dai Servizi di intelligence ucraini (Gur) dopo alcune settimane di assedio. Sotto il comando generale della Gur, un’unità militare è partita verso Mariupol per irrompere in città. Secondo la fonte, inizialmente era previsto che l’unità avrebbe ricevuto carri armati, veicoli corazzati e oltre 80 soldati, ma quando è arrivato il momento di entrare in azione c’erano a disposizione solo pochi carri armati, veicoli da combattimento di fanteria e veicoli corazzati per il trasporto di circa 20 persone. L’unità si è spostata verso Mariupol. Dopo circa 10-15 chilometri un pesante attacco russo ha bloccato l’avanzamento del gruppo costringendolo alla ritirata. Piano fallito.

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