giovedì 1 settembre 2022
Di fronte alla scelta degli ispettori di non passare dalle zone occupate, Mosca li ha lasciati per 24 ore in attesa. Gli ingegneri della centrale: pressioni per non farci parlare
La missione dell'Aiea in Ucraina

La missione dell'Aiea in Ucraina - Ansa/Epa

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La visita alla centrale nucleare ucraina è una «missione tecnica» volta a «prevenire un incidente nucleare». È questa la posta in gioco, nelle parole di Rafael Grossi, il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) giunto ieri con il suo team di ispettori a Zaporizhzhia. Si comincia oggi, ma dopo l’apparente disponibilità a facilitare gli esperti, Mosca è tornata a disseminare di ostacoli l’ispezione.

Gli esperti, tra cui l’italiano Massimo Aparo, sono arrivati ieri nel capoluogo del distretto, a 55 chilometri dall’impianto nucleare di Enerhodar. Riuscire a esaminare lo stato di salute dello stabilimento è «una questione di volontà politica», tuttavia la missione «è di tipo tecnico» e mira a «preservare questa importante centrale», ha ribadito Grossi che è riuscito a ottenere i permessi per far seguire la missione da un giornalista dell’agenzia Reuters. Il ministro dell’energia ucraino German Galushchenko ha dichiarato che la prima visita potrebbe durare «pochi giorni».

La parte russa non intende concedere agli ispettori molto tempo e neanche favorire il loro rapido accesso. Mosca aveva invano preteso una legittimazione delle autorità di occupazione suggerendo al team dell’Aiea di raggiungere l’impianto attraverso la Russia e i territori occupati, e non via Kiev.

Ufficialmente, per proteggere gli ispettori dai rischi del conflitto. Una premura svanita ieri mattina quando l’Aiea ha raggiunto senza ostacoli la regione dove l’attendeva il primo di una serie di dispetti. «La missione farà la fila come tutti per arrivare nella parte liberata della regione di Zaporizhzhia. Ciò è dovuto al fatto che non verranno rilasciati pass speciali», ha affermato Volodymyr Rogov, membro del consiglio regionale nominato da Mosca.

Se si volesse accelerare i tempi, l’Aiea «potrebbe arrivare rapidamente e senza ostacoli attraverso la Russia», ha aggiunto alludendo alle aree occupate. Il più grande impianto d’Europa, con sei reattori di progettazione sovietica, in grado di soddisfare oltre il 20 per cent del fabbisogno energetico di Kiev, è stato occupato a marzo ma è ancora gestito da personale ucraino guardato a vista da ingegneri nucleari russi, militari e agenti dell’intelligence di Mosca. Il complesso, che si trova a meno di 10 chilometri dalle posizioni ucraine al di là del fiume Dnipro, è stato ripetutamente bombardato nell’ultimo mese. Kiev e Mosca si accusano reciprocamente per questi attacchi, segnalati sia nei pressi della centrale che in aree più lontane. «La situazione presso la centrale nucleare di Zaporizhzhia, a Enerhodar e nelle aree circostanti rimane estremamente pericolosa», ha dichiarato il presidente ucraino Zelenskiy. Il ministero della Difesa russo ha, però, ribadito che i livelli di radiazioni nell’impianto sono normali.

A quanto si apprende l’Aiea non sarebbe incaricata di determinare la provenienza dei colpi, ma l’integrità dell’impianto e il suo funzionamento. Fondamentale sarà anche il confronto con i tecnici ucraini all’interno della centrale. Fonti di Avvenire hanno confermato come il clima all’interno sia peggiorato proprio nell’imminenza dell’ispezione. Solo pochi rapidi messaggi: «I russi ci urlano, ci maltrattano, e ci intimoriscono perché temono quello che potremmo dire».

L’ingegnere che già nelle settimane scorse aveva fornito informazioni dettagliate e riscontrate attraverso testimoni nell’area e immagini satellitari, sa però che a dover parlare dovranno essere soprattutto i registri e i sistemi elettronici. «Quando i colleghi dell’Aiea lasceranno la centrale – osserva – noi resteremo senza alcuna protezione. Sarà molto difficile trovare il modo di raccontare quello che succede senza subire ritorsioni. E poi i servizi segreti russi sanno dove vivono le nostre famiglie».

Anche per questa ragione l’Agenzia spinge per un «monitoraggio permanente». L’idea di Grossi è quella di alternare nell’impianto un certo numero di ispettori che possano monitorare momento per momento le attività, allo stesso tempo assicurando che il personale ucraino non subisca condizionamenti.

«Se saremo in grado di stabilire una presenza permanente, o una presenza continua, allora sarà prolungata. Ma questo primo segmento durerà pochi giorni», ha spiegato Grossi, il quale ha assicurato garanzie sia dalla Russia che dall’Ucraina. È bastata adombrare questa possibilità perché emergesse un nuovo problema. Alcuni funzionari di Mosca sul posto hanno fatto sapere che «la presenza degli ispettori potrebbe protrarsi solo per un giorno».

Troppo poco per un sopralluogo tecnico a un impianto grande come un quartiere dove a pieno regime lavorano oltre 12mila addetti (meno di 1.900 sono quelli effettivamente rimasti). «Non ci sarebbe neanche il tempo – riferisce la nostra fonte prima che la comunicazione torni a interrompersi – di scaricare i dati e raccogliere le valutazioni dei vari capi squadra».

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