giovedì 24 ottobre 2019
Il presidente critica i dissidenti e prepara con il ritorno di Bannon un'offensiva mediatica contro l'impeachment. Gaffe sul Colorado: «Costruiremo un muro anche lì». Ma non confina con il Messico
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"I repubblicani Never Trumper sono in certo modo peggiori e più pericolosi per il nostro Paese dei democratici nulla facenti. State attenti, sono feccia umana!". Mentre procede l’inchiesta Kievgate, un nuovo tweet di Donald Trump segnala il nervosismo del presidente Usa, che così si è rivolto ai repubblicani “dissidenti” usando il termine “Never Trump”, sigla con cui, ai tempi delle primarie del 2016, si erano riuniti esponenti dell'establishment repubblicano che cercarono di bloccare la sua ascesa verso la nomination.

In un successivo tweet Trump poi ha dato del “Never Trumper” a Bill Taylor, il diplomatico di lungo corso, nominato ambasciatore in Ucraina nel 2006 da George W. Bush, richiamato poi come incaricato d'affari a Kiev dopo la rimozione dell'ambasciatrice Marie Yovanovitch. Martedì Taylor ha testimoniato di fronte alla commissione d'inchiesta dell'impeachment riguardo alle pressioni fatte su Kiev da Trump per ottenere vantaggi politici. L’ambasciatore ha raccontato di aver appreso dall'ambasciatore Usa all'Unione Europea, Gordon Sondland, che gli aiuti militari all'Ucraina erano stati congelati e condizionati al lancio delle "indagini" che Trump voleva. Quelle, come emerso dalla pubblicazione della trascrizione della telefonata del 25 luglio tra il presidente il suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, su Joe Biden e il figlio Hunter.

Trump afferma di non aver mai incontrato Taylor, anche se è stato il segretario di Stato Mike Pompeo a richiamarlo in servizio per sostituire l'ambasciatrice da lui allontanata dietro le pressioni di Rudy Giuliani, architetto del “teorema” alla base del Kievgate, cioè l'intervento di Joe Biden a favore della società ucraina per la quale lavorava il figlio Hunter e le pressioni di Trump affinché le autorità di Kiev indagassero sul rivale democratico in cambio di aiuti militari.


Nervosismo alla Casa Bianca


La virulenza dell'attacco di Trump è il segnale di un certo nervosismo alla Casa Bianca per il crescente numero di prese di distanza tra le file dei repubblicani del Congresso dalla sua politica in Siria alle controverse decisioni sul G7. Alla Camera la mozione di condanna del ritiro e del tradimento degli alleati curdi è passata infatti con 354 voti favorevoli e solo 60 contrari, quindi con il sostegno di decine di repubblicani. Trump poi sarebbe stato costretto a fare marcia indietro sulla scelta del suo resort privato in Florida per il vertice del G7 del giugno prossimo dopo che i repubblicani gli hanno detto che su questo non avrebbero potuto difenderlo. E le prese di distanze si stanno anche allargando sul terreno, quanto mai pericoloso, dell'impeachment: basti pensare che lo stesso leader della minoranza alla Camera, Kevin McCarthy, ha espresso il suo disagio per il fatto che Trump ha definito la procedura di impeachment a cui è sottoposto un linciaggio, evocando i fantasmi della pagina più buia del razzismo in America.

Il ritorno di Bannon


Il sospetto della Casa Bianca è che questi siano segnali di una spaccatura in seno al partito: "L'impeachment sarà approvato, ma bisogna che il voto della Pelosi sia il più di parte possibile", sintetizza Steve Bannon, tornato in campo per coordinare una manovra mediatica anti impeachment, sottolineando che è cruciale che vi siano "zero voti" da parte dei repubblicani alla risoluzione di impeachment che la maggioranza democratica approverà.


Non solo. L'ex stratega della Casa Bianca, che rivendica di aver guidato gli ultimi mesi della campagna di Trump alla vittoria, rivela che si sta facendo già pressing su alcuni deputati repubblicani, in particolare quelli che non si presenteranno alle prossime elezioni, e chi quindi potrebbero avere le mani libere per votare contro Trump "prima di imboccare la porta". La magistratura Usa intanto è entrata nel Kievgate: un giudice federale ha ordinato al dipartimento di Stato di consegnare entro 30 giorni tutti i file relativi al caso su cui i democratici hanno avviato la procedura di impeachment contro Trump, comprese le comunicazioni tra Pompeo e l'avvocato personale del presidente, Giuliani.


La gaffe sul muro


Trump, da parte sua, continua a collezionare gaffe. Nella sua foga retorica contro i migranti, il presidente degli Stati Uniti ha infatti annunciato, durante un evento a Pittsburgh, in Pennsylvania, la costruzione di un muro anche in Colorado. Peccato che questo stato non confini con il Messico, ma con lo stato Usa del New Mexico. Subito sui social si è scatenata l'ironia dei detrattori del presidente, al quale è arrivata anche la replica del governatore democratico del Colorado, Jared Polis: "È imbarazzante, il Colorado non è al confine col Messico. È un bene che qui da noi offriamo l'asilo a tempo pieno e gratuito ai nostri bambini, così possono imparare le basi della geografia".


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