martedì 25 luglio 2017
Intesa tra al-Sarraj e il generale Haftar alla presenza del presidente francese Macron, che elogia Roma. E oggi Gentiloni incontra il premier libico
Intesa raggiunta per la Libia a Parigi: al Sarraj (a sinistra) stringe la mano ad Haftar. Tra loro un soddisfatto Macron (Ansa)

Intesa raggiunta per la Libia a Parigi: al Sarraj (a sinistra) stringe la mano ad Haftar. Tra loro un soddisfatto Macron (Ansa)

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Un nuovo accordo di cessate il fuoco in Libia sotto gli auspici dell’Eliseo, questa volta nel ruolo di paciere impegnato prioritariamente pure sul fronte dell’emergenza migratoria nel Mediterraneo, dopo aver in passato sguinzagliato i caccia al termine dell’era Gheddafi. Ieri pomeriggio, presso il castello di La Celle Saint-Cloud, appena fuori Parigi, si è chiuso con un decalogo congiunto di promesse solenni l’incontro diplomatico fra i due principali antagonisti della tragica scena libica: il capo dell’esecutivo di transizione a Tripoli riconosciuto dall’Onu, Fajez al-Sarraj, e il leader delle forze armate, l’anziano generale Khalifa Haftar, principale padrone nell’Est (grazie al sostegno di Egitto e Qatar), di fatto legittimato ieri sulla scena internazionale.

>>> ITALIA O ITALIETTA?

Non inclusa direttamente nell’iniziativa, l’Italia ha ricevuto le lodi del presidente Emmanuel Macron, che ha sottolineato «il lavoro svolto dall’Ue e soprattutto dall’Italia», evocando pure le discussioni preparatorie in vista del vertice di ieri avute con il premier Paolo Gentiloni. In proposito, al-Sarraj è atteso già oggi a Roma per un incontro proprio con il presidente del Consiglio.
Ma ieri, elargendo a piene mani l’aggettivo «storico» in mezzo a dichiarazioni altisonanti, l’Eliseo ha tenuto a mostrarsi come un nuovo attore centrale per il futuro della Libia, nella scia dell’intraprendenza diplomatica già mostrata nelle scorse settimane dallo stesso Macron al cospetto di una serie di ospiti illustri.

Dopo aver assistito inizialmente davanti ai fotografi alla stretta di mano fra i due rivali, Macron ne ha lodato alla fine «il coraggio storico», esprimendo ottimismo sugli effetti sostanziali del nuovo accordo. «Credo che oggi la causa della pace in Libia abbia fatto grandi progressi», ha commentato il capo dell’Eliseo, per il quale è stata firmata una «dichiarazione che traccia il cammino, la via verso la riconciliazione nazionale». Insomma, «la pace può vincere», anche perché i due ospiti libici «possono diventare simboli dell’unità nazionale», si è congratulato Macron, evocando a più riprese il nodo migratorio, indicato come una priorità già a breve termine del processo: «Se fallisce la Libia, fallisce tutta la regione. Il processo di pace è essenziale anche per l’Europa, perché se fallisce, a livello della minaccia terroristica e dei flussi migratori, le conseguenze per i nostri Paesi saranno dirette».

Il protocollo d’intenti era stato diramato dall’Eliseo alla stampa ancor prima dell’inizio ufficiale dell’incontro, provocando imbarazzo e lasciando soprattutto più che semplici sospetti sull’ispirazione davvero molto francese del documento.

Impegnandosi a riprendere le armi solo per lottare contro il terrorismo, gli antagonisti dichiarano di voler includere «tutti i libici» nella riconciliazione, puntando sulla costruzione di uno Stato «sovrano, civile, democratico», sostenendo l’opera dell’Onu (rappresentata ieri dall’inviato da Ghassan Salamé) per dare concretezza al precedente accordo di Skyrat. Fra le promesse, quella di costituire un esercito regolare pronto ad integrare «i combattenti che lo desiderano» e un impegno per spianare la strada verso elezioni presidenziali e parlamentari «non appena possibile». In prospettiva, per Macron, già «nella primavera 2018».

Altro punto forte del protocollo: la creazione di una road map «per la sicurezza e la difesa del territorio libico contro le minacce e i traffici di ogni tipo». Un aspetto, questo, associato dal documento alle priorità di coordinare le forze disponibili nella lotta contro il terrorismo, così come di «garantire il controllo dei flussi migratori che transitano in territorio libico, di rendere sicure e controllare le frontiere e di lottare contro le reti criminali organizzate che sfruttano la Libia e destabilizzano il Mediterraneo centrale».

Non pochi esperti, da parte loro, pur sottolineando le speranze suscitate dall’iniziativa francese, interpretavano già ieri con prudenza il contenuto del piano, data la complessità della situazione in Libia. Anche perché rischiano di proseguire le accuse incrociate fra fazioni armate contro le presunte azioni o intenzioni terroristiche degli avversari.

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