venerdì 31 luglio 2020
Anche nel Paese più povero del mondo l'epidemia ha costretto le (poche) alunne a stare a casa, con maggiori rischi di abusi e matrimoni precoci. Ma un gruppo di insegnanti le segue a distanza
Una studentessa del liceo scientifico sanitario di Maridi

Una studentessa del liceo scientifico sanitario di Maridi - Amref

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In un Paese come il Sud Sudan in cui la tratta delle donne è un "fenomeno concreto", come ha notato ieri l'Organizzazione mondiale delle migrazioni dell'Onu presentando un report nella capitale Jubaa, la chiusura delle (poche) scuole femminili a causa del lockdown preoccupa gli operatori impegnati nel fronte dell'educazione e dello sviluppo. La scuola non è solo un luogo in cui le giovani studiano e costruiscono il proprio futuro e quello della Nazione più giovane e tra le più povere del mondo, ma anche un porto sicuro che tiene lontane le ragazze da matrimoni e gravidanze precoci, sfruttamento, tratta e abusi.

Una studentessa del liceo scientifico sanitario di Maridi

Una studentessa del liceo scientifico sanitario di Maridi - Amref

Così dal 23 marzo, quando le autorità hanno disposto la chiusura della scuola superiore femminile Wish-Women in School for Health (un progetto della ong Amref), nata nel 2003 a Maridi (nel sud-ovest del Paese, al confine con la Repubblica democratica del Congo), la preoccupazione degli insegnanti è stata quella di non abbandonare le alunne. La scuola ospitava 126 studentesse, di cui almeno 30 orfane che si appoggiavano quasi esclusivamente al supporto dell'organizzazione scolastica. Tornare a casa aumenta i rischi cui sono quotidianamente esposte le donne. Così il personale ha attivato una sorta di insegnamento a distanza: niente a che vedere con computer e chat. Semplicemente, gli insegnanti hanno prodotto materiali didattici che hanno distribuite alle loro alunne in un giorno prestabilito alla settimana. Questo contatto periodico garantisce un certo controllo su ciò che accade nella abitazioni. "La soddisfazione - spiegano ad Amref - è che finora non sono stati segnalati tra le studentesse di Maridi nessun caso di contagio e soprattutto tutte sono sane. Non sono state segnalate gravidanze, matrimoni o abusi".

In più, alcune ragazze della scuola hanno svolto tirocinio come infermiere alla clinica di Maridi, esercitando quindi quanto imparato tra i banchi (il liceo è ad indirizzo sanitario e scientifico).

Risultati straordinari, in un Paese grande due volte l'Italia ma abitato da appena 12 milioni di abitanti, stremato da oltre sei anni di conflitto civile, crisi umanitarie, epidemie, carestie, inondazioni e ora il Covid-19. Nei giorni scorsi un volo umanitario è partito dalla base Onu di pronto intervento (Unhrd) di Brindisi verso il Sud Sudan, con 50 tonnellate di aiuti, tra cui materiale sanitario per la lotta al coronavirus. Il volo è frutto dell'attività di collaborazione e coordinamento tra la Farnesina, la Direzione generale Ue per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario Echo, le organizzazioni della società civile italiane e il Programma alimentare mondiale.

Una studentessa del liceo scientifico sanitario di Maridi

Una studentessa del liceo scientifico sanitario di Maridi - Amref

In Sud Sudan sono attivi vari gruppi armati, che hanno preso parte alla guerra civile scoppiata nel 2013. Il governo e alcuni dei principali attori del conflitto stanno lavorando da oltre un anno all'implementazione di un Accordo di pace, che comprende il disarmo dei gruppi armati. Come lamentano però varie organizzazioni umanitarie attive nel Paese, in molte regioni le milizie non hanno mai smesso di gestire traffici illeciti e compiere violenze contro la popolazione.

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