lunedì 4 giugno 2018
L'ex premier, alleato di Orban, con il 25% e 20 deputati su 90 avrà l'incarico dal presidente Pahor. In campagna elettorale nessuna altra formazione di si è detta disponibile a governare con lui
Janez Jansa, leader del Partito democratico sloveno che ha vinto le elezioni di domenica (Ansa)

Janez Jansa, leader del Partito democratico sloveno che ha vinto le elezioni di domenica (Ansa)

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L'ex premier conservatore Janez Jansa e il suo Partito democratico sloveno (Sds), su posizioni anti-migranti e alleati del leader nazionalista ungherese Viktor Orban, hanno vinto le elezioni politiche anticipate di domenica in Slovenia. Al partito democratico sloveno è andato il 25% dei voti e 25 deputati sul totale di 90. Al secondo posto la Lista di Marjan Sarec, l'ex attore e comico che si presentava per la prima volta a una consultazione elettorale, con il 12,6% e 13 deputati. Seguono i socialdemocratici (Sd) con il 9,9% e 10 deputati, e il Partito del centro moderno (Smc) del premier uscente Miro Cerar al quale è andato il 9,7% e 10 deputati.

La Sinistra (Levica) con il 9,29% sarà rappresentata da 9 parlamentari, riuscendo comunque a raddoppiare il numero di deputati rispetto alla precedente legislatura. Seguono Nuova Slovenia (NSi) con 7 deputati e poco più del 7% dei voti, il Partito di Alenka Bratušek (Sab), che è riuscita a superare agilmente la soglia di sbarramento del 4% ottenendo 5 deputati, così come il Partito dei pensionati (De SUS) che ha raccolto lo stesso numero di deputati con il 4,9%. Infine il Partito nazionale sloveno (Sns), al quale è andato il 4,2% delle preferenze e 2 deputati, e che è tornato in parlamento dopo l'assenza di una legislatura. L'affluenza si è confermata in linea con le precedenti votazioni politiche al 52%.

Il presidente sloveno Borut Pahor ha annunciato che conferirà l'incarico di formare il nuovo governo a Janez Jansa: "Anche se non sono soddisfatto del risultato, deve essere rispettato il risultato elettorale", ha dichiarato Pahor, sottolineando di credere fermamente nella democrazia. L'Sds per formare un governo è ora obbligato a cercare alleanze: un compito non facile dal momento che quasi tutti gli altri partiti si sono detti indisponibili a entrare in un governo guidato da Jansa. "Non sarebbe la prima volta che il vincitore delle elezioni non riesca a dar vita a un governo, ma dobbiamo impegnarci tutti nella formazione di un esecutivo che sia inclusivo e contribuisca al bene del Paese", ha aggiunto Pahor. Un compito per il quale servono pazienza e saggezza, poiché con ogni probabilità "il dialogo fra gli attori politici occuperà tutta l'estate", ha concluso il presidente sloveno.

Nel piccolo Paese ex jugoslavo, confinante con l'Italia, si conferma in tal modo il trend che nell'Europa centrorientale, e non solo, vede regredire le sinistre a fronte invece dell'avanzata delle forze conservatrici e sovraniste. La Slovenia è stata attraversata da centinaia di migliaia di migranti in marcia lungo la rotta balcanica durante la crisi del 2015, e gli avversari politici di Jansa, dimessosi dalla guida del governo nel 2013 per uno scandalo di corruzione, affermano che Orban ha finanziato la campagna elettorale dell'Sds tramite personaggi e organizzazioni a lui vicine.

"Non vediamo l'ora di iniziare", ha dichiarato Jansa domenica sera. "Non abbiamo paura del domani, noi guardiamo avanti". Subito dopo aver votato, il leader conservatore si era augurato che le lezioni fossero "il primo passo per mettere gli sloveni al primo posto, per dare priorità alla sicurezza e al benessere della Slovenia e degli sloveni".

Come il suo stretto alleato Orban, la carriera di Jansa risale ai movimenti pro-democrazia che hanno portato al collasso del comunismo. Non aveva nemmeno 30 anni quando è salito alla ribalta come uno dei quattro dissidenti processati per le critiche all'esercito dominato dai serbi in Jugoslavia. Alla fine sono stati tutti liberati anche grazie alle imponeneti manifestazioni di piazza. Nominato ministro della Difesa nel primo governo sloveno democraticamente eletto nel 1990, ha supervisionato una strategia di guerriglia che si è conclusa con la ritirata delle truppe jugoslave nella guerra dei dieci giorni per l'indipendenza. Costretto a dimettersi nel 1994, ha guidato la prima di molte rimonte elettorali nel 2004, guadagnando il suo primo mandato come primo ministro subito dopo l'ingresso della Slovenia nell'Unione Europea e la supervisione dell'entrata di Lubiana nella zona euro nel 2007. Alla vigilia delle elezioni del 2008, però, Jansa è stato implicato in uno scandalo di corruzione collegato a un affare da 278 milioni di euro con la società finlandese Patria, il più importante mai stipulato da Lubiana in materia di Difesa. Ne lo scandalo ne il fatto che sia arrivato secondo alle elezioni alla fine del 2011 gli hanno impedito di imbarcarsi in un secondo mandato come primo ministro pochi mesi dopo. Nel 2013, a solo un anno dal suo secondo mandato, è stato costretto ad uscire da un altro scandalo di corruzione e successivamente è stato condannato a due anni di carcere per corruzione per il caso Patria. Dalla sua cella del carcere di Dob, vicino a Lubiana, Jansa ha contestato l'esito delle elezioni parlamentari nel 2014. La condanna per corruzione è stata in seguito revocata dalla Corte Costituzionale, che ha disposto un nuovo processo, che non è stato celebrato perché nel frattempo era scattata la prescrizione. Jansa ha quindi chiesto 900mila di risarcimento allo Stato per aver perso le elezioni del 2014, processo che è ancora in corso. E ora sta per tornare al potere nella veste di leader del movimento populista anti-migrante europeo.

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