martedì 4 settembre 2018
L'assalto a Idlib, ultima roccaforte ribelle, potrebbe essere l'atto finale della guerra ma anche uno dei più cruenti. Proseguono anche i raid israeliani
Gli effetti di un bombardamento a Idlib in un'immagine dell'ottobre 2017 (Ansa)

Gli effetti di un bombardamento a Idlib in un'immagine dell'ottobre 2017 (Ansa)

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Jet russi hanno cominciato a bombardare, assieme a velivoli militari governativi siriani, obiettivi nella regione di Idlib, al confine con la Turchia e ultima roccaforte anti-regime nella Siria nord-occidentale.

Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), espressione dei ribelli, oltre 43 raid russi e governativi hanno colpito 24 località del triangolo Idlib-al-Ghab-Latakia, uccidendo nove civili, tra cui bambini, e causando molti feriti gravi. Cinque attacchi sono stati registrati nella città di Jisr al-Shughour, nel Rif di Idlib, dove i caccia russi hanno ripreso i bombardamenti dopo 22 giorni di tregua.

Nella notte il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, su Twitter aveva lanciato un monito al regime e ai suoi alleati: «Il presidente Bashar al Assad non dovrebbe attaccare sconsideratamente la provincia di Idlib in Siria. E russi e iraniani farebbero un grave errore umanitario nel prendere parte a questa possibile tragedia umana. Centinaia di migliaia di persone potrebbero essere uccise. Non facciamo che questo accada!».

L'inviato di pace dell'Onu per la Siria, Staffan de Misutra, ha lanciato un appello ai presidenti di Russia e Turchia, cioè rispettivamente Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan, affinché si parlino con urgenza per evitare "un bagno di sangue" nella provincia siriana di Idlib. De Mistura ha invitato "il presidente Putin ed Erdogan a fare una telefonata", anche prima dell'incontro in programma per venerdì a Teheran fra loro e il presidente iraniano Hassan Rohani.

L'attacco a Idlib, ultima roccaforte dei ribelli anti Assad, potrebbe essere l'atto finale della guerra civile. Ma sarebbe uno dei più cruenti. Il governo di Assad e il suo alleato russo considerano la provincia «un focolaio di terroristi» e hanno ammassato tra i 100.000 e i 150.000 uomini in vista di quella che si annuncia come una campagna ancor più sanguinosa di quelle per la riconquista di Aleppo e della Ghouta orientale, alla periferia di Damasco.

ANALISI Conto alla rovescia per Idlib. Assad vuole chiudere la guerra di Camille Eid (1/9)

«La pressione esercitata da alcuni Stati occidentali su Siria e Iran non li dissuaderà dal difendere i loro principi, gli interessi dei loro popoli e la sicurezza e la stabilità dell'intera regione» hanno dichiarato lunedì Assad e il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif al termine del loro colloquio a Damasco.

Mosca, intanto, invita l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) a non trascurare i rapporti su un possibile «provocatorio» uso di armi chimiche a Idlib.

L'Iran contribuirà a cacciare gli estremisti dall'ultimo bastione in mano ai ribelli in Siria, cioè la provincia di Idlib, con "il minimo costo umano". Lo ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, citato dall'agenzia di stampa Irna. "Proveremo a evitare ogni danno al popolo siriano e a completare il processo di cacciare gli estremisti", ha dichiarato. Zarif ha aggiunto che dell'offensiva imminente del regime per riprendere Idlib si è discusso con Turchia e Siria. Della vicenda si discuterà anche nel summit a tre che si terrà venerdì a Teheran, fra Iran, Turchia e Russia. Teheran è un sostenitore chiave del presidente siriano Bashar Assad.

Intanto si registrano tentativi di mediazione tra Turchia e Stati Uniti nella crisi bilaterale scatenata dalla detenzione del pastore evangelico americano Andrew Brunson. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha avuto oggi una conversazione telefonica con il suo omologo Usa Mike Pompeo, secondo quanto riferito da fonti diplomatiche di Ankara, che sottolineano come la richiesta del colloquio sia giunta dalla parte americana. Oltre allo stato delle relazioni bilaterali, i capi delle due diplomazie hanno discusso anche della situazione in Siria, in particolare nelle regioni contese di Idlib e Manbij.

Domenica scorsa, dopo l'Angelus, papa Francesco aveva lanciato un appello per la Siria, affinché si eviti una nuova catastrofe.

Il coinvolgimento di Israele: in un anno oltre 200 obiettivi colpiti

L'esercito israeliano nell'ultimo anno e mezzo ha colpito più di 200 obiettivi ed ha tirato 800 tra missili e colpi di mortaio sulla Siria, operando attivamente contro convogli di armi iraniane. Lo ha detto oggi una fonte militare israeliana aggiungendo che l'esercito è "al corrente del passaggio di missili dall'Iran all'Iraq e da qui alla Siria".

E sempre oggi arriva la notizia che la contraerea siriana ha respinto un attacco missilistico israeliano nella Siria centrale, secondo quanto riferito dal ministero degli esteri di Damasco citato dall'agenzia governativa Sana. Nello scarno comunicato si afferma che la contraerea è entrata in azione distruggendo un missile nemico e mettendo in fuga un jet israeliano sui cieli tra Tartus e Hama. Altre fonti siriane parlano di "forti esplosioni" udite nei pressi di Masyaf, località già colpita in precedenza da attacchi attribuiti a Israele.


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