giovedì 18 gennaio 2018
Oltre 33mila infermieri in fuga, nel 2017, da condizioni di lavoro insostenibili. Molti arrivavano dal resto dell'Europa. La Croce Rossa: più di 9 milioni di persone dichiarano di sentirsi sole
La premier britannica Theresa May (Ansa)

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Malati abbandonati in corsia; anziani lasciati a sedere per giorni interi per mancanza di letti, pazienti che muoiono aspettando in coda al pronto soccorso. Che la Sanità pubblica britannica stia attraversando una crisi profonda non è una novità, ma nuovi dati pubblicati ieri dalla Bbc dipingono una realtà che non ha precedenti e che rischia ora di mettere in ginocchio una volta per tutte il fiore all’occhiello dei servizi pubblici. La crisi di questi giorni riguarda la carenza di infermieri. Sono più di 33mila quelli che hanno lasciato il servizio sanitario nel 2017.

Tra le ragioni che citano per la fuga c’è soprattutto quella di «condizioni di lavoro insostenibili », ma tanti parlano anche di conflitti morali dovuti all’impossibilità di praticare la loro professione in maniera adeguata. «Voglio essere una buona infermiera e dare ai miei pazienti il meglio di me – spiega Mary Trevelyan che si è appena licenziata da un ospedale pubblico di Londra –. Adesso non non lo posso più fare perché non c’è personale sufficiente e ci chiedono di coprire troppe mansioni contemporaneamente ». Trevelyan racconta di quando ha dovuto abbandonare una signora anziana in corsia perché era occupata a rispondere ad altre emergenze. «La donna è morta – ammette – e ancora non riesco a superare il senso di colpa. Molti dei miei colleghi condividono le mie preoccupazioni e tanti di questi si sono trasferiti all’estero dove le condizioni di lavoro sono più umane».

Ogni anno il 10 per cento degli infermieri, e questo secondo i dati accade dal 2014, lascia il posto. Il numero di quelli che se ne vanno basterebbe a “coprire” il personale infermieristico di una ventina di ospedali. Più della metà di quelli che lasciano non ha superato i quarant’anni.

La Brexit, scriveva ieri il Guardian, ha senz’altro influito: dal referendum del giugno del 2016 il numero degli infermieri provenienti dal resto d’Europa che lascia è decisiamente aumentato rispetto a quelli che arrivano in Gran Bretagna. «La maggior parte dei miei colleghi veniva dall’Europa dell’Est e dall’Italia – continua Trevelyan – ma hanno capito che non è più conveniente o agevole vivere e lavorare in questo Paese e molti sono partiti». Secondo Janet Davies, direttrice del Royal College of Nursing, «il governo deve assolutamente agire. Siamo di fronte a una vera e propria emorragia di infermieri in un momento in cui la domanda non è stata mai così alta».

E ieri un portavoce della Sanità ha dovuto ammettere di essere cosciente delle condizioni difficili vissute dagli staff ospedalieri, ma ha assicurato che il governo sta facendo il possibile per far fronte all’emergenza». Al momento però l’atmosfera nelle corsie d’ospedale del regno resta deprimente e in molti casi riflette, raccontava invece ieri il Telegraph, «quella di una società che è sempre più abbandonata a se stessa».

Non è un caso che la premier britannica, Theresa May, in evidente difficoltà abbia almeno annunciato la nomina di un «ministro per la Solitudine» per affrontare quella che definisce «la triste realtà della vita moderna» che colpisce milioni di persone. Il ruolo sarà ricoperto da Tracey Crouch. Stando alla Croce Rossa britannica sono infatti oltre 9 milioni le persone, su una popolazione di 65,6 milioni, che dichiarano di essere «sempre o spesso sole».

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