mercoledì 12 febbraio 2014
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La casa con il tetto rosso a pagoda che svettava nel Sinai è stata distrutta oltre sessanta giorni fa dagli elicotteri Apache made in Usa in dotazione all’esercito egiziano. È il simbolo che qualcosa è cambiato nel Sinai anche se l’orrore non è finito. Secondo l’ong Gandhi, che opera sul campo, vi sarebbero circa 100 ostaggi in mano ai predoni del deserto.Vicina alla Striscia di Gaza, ad Al Mahdia nei pressi di Rafah, la casa rossa era uno dei covi dei banditi beduini. Sopra le camere di detenzione, mentre nei sotterranei era stata allestita una sala operatoria per l’espianto degli organi di chi non poteva pagare. Era stato don Mosè Zerai nell’autunno del 2010, a raccontare ad Avvenire che il colore rosso del tetto e la forma insolita erano gli unici riferimenti che potevano dare gli eritrei sequestrati che l’avevano contattato disperati.Il padrone di questo edificio infernale dall’apparenza di una villa di lusso è Abu Abdallah, nome pronunciato con terrore da tutti i rapiti e segnalato più volte dalle ong alla polizia egiziana. Un moderno genio del male. Se il traffico di ogni tipo di merci verso Gaza sotto i tunnel sostiene l’economia beduina, sua è stata la diabolica intuizione di rendere più redditizio il traffico dei subsahariani che volevano raggiungere Israele, prima iniziando a rapirli (i riscatti nel 2012 erano arrivati a 45mila dollari per ogni ostaggio) e poi a vendere anche gli organi di chi veniva ucciso dalle torture o dagli stenti e non poteva pagare. Abu Abdallah della tribù Sawarka ha reso insomma questo traffico il più crudele del secolo secondo le Nazioni Unite. «È stato il principale trafficante del Sinai - conferma al telefono Hamdy al Azazi, attivista palestinese per i diritti umani con la sua Ong News Generation Foundation for Human Rights che vive a El Arish, capoluogo del nord Sinai, - fonte di molte testate per le notizie sul traffico di esseri umani - e ha sulla coscienza migliaia di rapimenti di subsahariani. Ne ho aiutati parecchi che me lo hanno confermato. Era il capo di una rete di bande criminali, guidate dai suoi complici Abu Khaled, Abu Ahmed - suo fratello - e Abu Hitler. Sottoponevano gli ostaggi, quasi sempre giovani donne e uomini, a torture, stupri, violenze, umiliazioni, mutilazioni per poi chiedere riscatti ai parenti. Chi non poteva far pagare dai parenti via money transfer veniva ucciso e gli venivano asportati gli organi. Io stesso ho visto in questi anni almeno dieci corpi cui erano stati tolti fegato, cornee e reni. Si pensava che le asportazioni avvenissero in ambulanze nel deserto, invece c’erano anche veri e propri ambulatori come nella casa rossa».Dove andavano gli organi asportati? «Negli ospedali al Cairo di sicuro. C’è molta corruzione nella sanità egiziana». E la capitale è notoriamente l’hub per la vendita di organi nel mondo arabo. Quando i media hanno raccolto le denunce delle ong e hanno fatto il suo nome, ha cominciato a farsi chiamare Abu Sania. Ma ha commesso un errore, investendo i proventi del traffico nella compravendita di armi per i qaedisti dell’area che dall’estate, dopo la deposizione di Mohammed Morsi e del governo amico dei Fratelli musulmani da parte dell’esercito, hanno ucciso decine di militari egiziani. Escalation che ha portato Washington a chiedere un intervento al Cairo (gli attivisti e le organizzazioni non governative lo sollecitavano invano da anni per motivi umanitari). Bilancio: numerosi arresti e blitz contro le case.«Sulla base di un mandato di cattura - racconta Hamdy, che per la sua attività è stato minacciato di morte dopo che i predoni hanno malmenato il suo bambino - le forze dell’ordine sono entrate in due dei suoi covi distruggendo sette camere di detenzione e tortura, oltre a una clinica attrezzata per l’espianto degli organi. Abu Ahmed è stato ucciso dalla polizia a dicembre, mentre Abu Abu Abdallah è stato arrestato, ma due giorni dopo è riuscito a fuggire». Si sarebbe rifugiato nella striscia di Gaza, forte della sua vicinanza ad Hamas, ma potrebbe essere ancora nel Sinai. Un muro di omertà protegge l’assassino di molti innocenti che potrebbe raccontare molte cose sugli acquirenti di organi. Finché resterà impunito, non ci sarà giustizia nel deserto di Mosè.
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