martedì 6 ottobre 2020
Parla Mark McKinnon, già consigliere politico della campagna di George W. Bush: «Molti proveranno empatia per lui. Altri diranno che ha finalmente aperto gli occhi»
Mark McKinnon, consigliere della campagna di George W. Bush e produttore della serie di documentari sulle presidenziali Usa “The circus”

Mark McKinnon, consigliere della campagna di George W. Bush e produttore della serie di documentari sulle presidenziali Usa “The circus” - Wikimedia Commons / Thomas Stukas

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Durante i periodi turbolenti, il pubblico americano tende a stringersi attorno al suo presidente. E se il presidente è malato? Indebolito? Meno credibile? Mentre i sondaggi mostrano che Donald Trump continua a perdere terreno rispetto al rivale democratico e il decorso della sua malattia resta incerto e misterioso, sui media e all’interno delle campagne elettorali dei due partiti circolano dozzine di teorie su come la diagnosi da Covid-19 del capo della Casa Bianca possa influenzare l’esito della campagna elettorale. Pur ammettendo che una previsione è pressoché impossibile, Mark McKinnon, consigliere della campagna di George W. Bush e produttore della serie di documentari sulle presidenziali Usa “The circus”, azzarda qualche ipotesi.

È difficile tenere il ritmo con le notizie di questo ciclo elettorale. Pensa che gli elettori americani saranno in grado di capirci qualcosa, di qui al 3 novembre?

Fra la pubblicazione delle tasse non pagate di Trump, un dibattito quasi finito a cazzotti e un virus mortale, avrebbero ragione di non essere confusi. Non abbiamo mai visto un anno complicato come questo, né un’elezione tanto drammatica.

Fino a una settimana fa gli analisti concordavano che la maggior parte degli americani aveva già deciso per chi votare. È ancora così?

Di certo la malattia del presidente farà cambiare idea a qualcuno, e tendo a pensare che lo farà in positivo. Chi già considerava fallimentare la sua gestione della pandemia vede nella sua diagnosi solo una conferma del fallimento. Ma chi aveva ancora qualche dubbio può trovare una connessione a livello umano. Molti si diranno che l’esperienza della malattia aprirà gli occhi a Trump sulla tragedia vissuta da milioni di americani.

È successo anche a Boris Johnson, ma il gradimento provocato dalla compassione non è durato molto, non è così?

Sì, ma noi siamo a meno di un mese dalle elezioni e molti americani stanno già votando. Resta però il fatto che se Trump non riuscirà più a fare apparizioni pubbliche di persona di qui al voto, si diffonderà una percezione di debolezza, e la paura che non sia in grado di cominciare un secondo mandato.

Gli effetti della malattia del presidente dipendono da quando e come si riprenderà? Certamente. Anche se il mio timore più grande è che la malattia evidenzi le divisioni all’interno del Paese, con i sostenitori pro-Trump che accuseranno i democratici di essere insensibili. Il comportamento dei politici e dei sostenitori democratici nei confronti della diagnosi di Trump avrà probabilmente altrettanto effetto che il decorso della malattia.

In che senso? Devono resistere alla tentazione di esibirsi in un coro di “te l’avevo detto” o di compiacersi della malattia di Trump come di una sorta di karma politico per il suo atteggiamento sprezzante nei confronti del virus. Se lo fanno rischiano di sembrare indifferenti alla crisi che la nazione sta affrontando. In questo senso la decisione di Biden di togliere da Internet e dalla televisione tutti gli annunci e le pubblicità negative nei confronti del presidente è un mossa intelligente.

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