martedì 10 maggio 2022
Per la prima volta in 59 anni Elisabetta ha dovuto rinunciare per “episodici problemi di mobilità” al consueto discorso di inizio dell'anno legislativo. A prendere il suo posto il principe di Galles
La Corona viene portata al Palazzo di Westminster, in assenza della Regina

La Corona viene portata al Palazzo di Westminster, in assenza della Regina - REUTERS/Hannah McKay/Pool

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La Corona c’era, in bella vista sul piedistallo in fondo alla Camera dei Lord, a Westminster, ma non la regina Elisabetta, 96 anni appena compiuti, che a causa di «episodici problemi di mobilità», come precisato da Buckingham Palace, ieri, ha dovuto rinunciare a pronunciare in Parlamento il discorso che per tradizione inaugura una nuova sessione legislativa. A prendere il suo posto è stato il principe di Galles, Carlo, «reggente» temporaneo, affiancato dalla consorte Camilla, duchessa di Cornovaglia, e dal primogenito William, duca di Cambridge.

L’erede al trono, classe 1948, ha letto il testo con tono solenne e commosso. In nove minuti ha elencato, su indicazione di Downing Street, le 38 proposte di legge a cui il governo di «Sua Maestà» lavorerà nei prossimi mesi: aiuti contro il carovita, difesa della libertà di espressione, alleggerimento della burocrazia, nuovi poteri alla polizia, investimenti in energia pulita e revisione delle normative ereditate dall’Ue prima della Brexit, per citarne alcune.

Carlo è risultato impeccabile nell’esecuzione del protocollo che dal 1642 condensa l’essenza della monarchia parlamentare britannica: la divisione tra potere reale e potere legislativo che sopravvive simbolicamente nel divieto di accesso del re o della regina alla Camera dei Comuni eletta dal popolo. La sua comparsa è stata tuttavia la prima in un ruolo di così alto profilo costituzionale. Durante i suoi 70 anni di regno Elisabetta ha mancato l’appuntamento solo altre due volte: nel 1959 e nel 1963 quando era incinta, rispettivamente, di Andrea e Edoardo. In entrambe le occasioni la lettura dello «Queen’s speech» fu affidata al Lord Cancelliere sulla scia di un precedente stabilito dalla regina Vittoria. Ieri, invece, la sovrana ha deciso diversamente.

Per farsi rappresentare da Carlo ha emesso una «lettera patente», ovvero una sorta di decreto, contemplato dal Regency Act del 1937, che legittima una reggenza reale circoscritta e temporanea. Valida, in sostanza, solo per l’evento al Parlamento. Gli esperti leggono nella mossa, accolta come ventata di innovazione costituzionale, un segnale molto chiaro: Elisabetta è ancora al comando e non ha alcuna intenzione di abdicare (almeno non per il momento) ma si preoccupa di dimostrare che il futuro della Corona è al sicuro nelle mani del principe di Galles e, dopo di lui, del nipote William. L’ingombrante vuoto dello scranno reale, ben visibile alla destra di Carlo, ha, certo, fatto effetto. Piombato nel bel mezzo dei preparativi per il Giubileo di Platino della sovrana, festeggiato in grande stile dal 2 al 5 giugno prossimo, a ricordare che l’«operazione transizione», come viene chiamata a Palazzo, è ormai a regime.

Il contesto politico che ne fa da cornice non è sereno. Nel programma legislativo annunciato con il Queen’s speech è riposta la speranza del governo conservatore di porre un freno all’erosione di consensi certificata dalle elezioni locali di giovedì scorso. È crisi anche nel partito laburista che alle urne non ha brillato se non per i risultati ottenuti nei municipi londinesi. Cresce l’attesa per l’esito delle indagini della polizia di Durham a carico del leader dell’opposizione, Keir Starmer, anche lui, come il premier Boris Johnson, accusato di aver violato le norme anti Covid. L’esito del «Beergate», una sorta di versione di sinistra del «Partygate», potrebbe essere tuttavia molto diverso: se l’infrazione verrà accertata Starmer promette le dimissioni. Una scommessa tattica, ordita per esasperare la differenza con Johnson, che la multa l’ha già pagata ma è ancora in sella, che potrebbe aggiungere altro pepe alla politica britannica.

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