giovedì 1 dicembre 2016
Nella città siriana di Aleppo raid sui civili in fuga. Onu: popolazione allo stremo, ora una tregua. La Russia: dopo i raid più richieste le nostre armi.
Cimitero di guerra. L'Onu: civili allo stremo, ora una tregua
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«La pioggia di bombe ha centrato il capannone di Habbet Qubba. Là dormivano gli sfollati di altre zone di Aleppo est in fuga dall’offensiva lealista. Almeno 45 persone sono morte».

La notizia, con relative foto, pubblicata sul sito dell’Aleppo media center (Amc), rimbalza sul Web.

Poco dopo, arriva la denuncia dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, vicino all’opposizione: l’aviazione governativa sta bombardando i civili in fuga. I governativi replicano: è stata l’ala jihadista dei ribelli.

Mentre l’Onu chiede alle parti un passo indietro prima di trasformare la città in un «gigantesco cimitero». Un rischio concreto. Al di là delle opposto versioni. Il racconto dell’assedio di Aleppo – come sempre nella guerra siriana – si sviluppa su due binari. Specie ora che, dal 15 novembre, Damasco e Mosca hanno intensificato la pressione sui ribelli, per riconquistare la metropoli, divisa dal 2012. Da una parte, la versione delle forze del governo e degli alleati russi, secondo cui il 40 per cento dei quartieri orientali della città-martire sarebbero stati «liberati» dalla morsa dei miliziani.

Per il generale Sergeij Rudskoi, capo delle operazioni russe in Siria, perfino la strada del Castello – chiave per gli approvvigionamenti dell’area est – è stata ripresa. Non solo. Mosca ha anche annunciato l’invio di una squadra di duecento sminatori per bonificare la zona. Dall’altra, la galassia anti-Assad smentisce l’avanzata dei lealisti. E, soprattutto, parla di un accanimento indiscriminato su Aleppo est.

Fonti locali hanno riferito che le forze governative avrebbero fatto piovere sui quartieri orientali centinaia di volantini. I testi esortano la gente a lasciare la zona. «Questa è la vostra ultima speranza, salvate voi stessi. O sarete annientati ». L’opposizione ha scritto una lettera al Consiglio di sicurezza dell’Onu per chiedergli di proteggere gli abitanti in fuga. Bersagliati – afferma – dal fuoco delle artiglierie governative e dai raid. Secondo l’Osservatorio, almeno 50mila persone hanno lasciato la zona est negli ultimi quattro giorni. Al di là delle cifre, negli ultimi giorni, l’esodo di sfollati si è intensificato. Le persone – ha detto il responsabile della comunicazione della Croce Rossa in Siria, Pawel Krysiek – fuggono in condizio- ni disperate. «Molte hanno perso tutto e arrivano senza bagagli».

Tanto che l’inviato Onu per la Siria, Stephen O’Brien, ha lanciato un nuovo appello per i profughi. «Imploriamo – ha affermato in Consiglio di sicurezza –, tutte le parti che hanno influenza su quanto sta accadendo di fare quanto in loro potere per proteggere i civili e consentire l’accesso alla parte di Aleppo est, prima che si trasformi in un gigantesco cimitero». Lunedì, rappresentanti di Mosca e dei ribelli siriani si sono incontrati ad Ankara per discutere di una possibile tregua nella città-martire. Mentre ieri, c’è stata una telefonata tra il leader del Cremlino Vladimir Putin e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in cui entrambi hanno concordato sulla necessità di uno stop ad Aleppo. Poco prima una frase di Erdogan – «siamo in Siria per cacciare Assad» – aveva suscitato perplessità a Mosca che oggi chiederà «chiarimenti» nella riunione tra i ministri degli Esteri, Sergeij Lavrov e Mevlut Cavusoglu in Turchia.


A complicare ulteriormente la situazione, il blitz di Israele: due caccia hanno compiuto raid sui convogli di Hezbollah (alleato di Assad) a Damasco. Nel frattempo, emergono nuovi, inquietanti particolari su Sergio Zanotti, l’italiano sparito a maggio. Due giorni fa, l’agenzia russa NewsFront aveva diffuso un video in cui Zanotti diceva di essere prigioniero in Siria e chiedeva aiuto all’Italia. Sempre su NewsFront, Abu Juhad, colui che aveva recapitato il messaggio, ha affermato in una conversazione con un reporter dell’agenzia, di avere «molti europei nelle nostre mani. Li rapiamo perché l’Europa, gli americani e i russi ci combattono».

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