mercoledì 8 settembre 2021
Un governo di ricercati e vecchi personaggi legati alle due correnti che dividono i taleban: ecco chi sono i nuovi padroni dell'Afghanistan
Il primo obiettivo del governo è salvare l'equilibrio tra le fazioni
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Un compromesso e una rivincita. La lista dei ministri fornisce non solo un’idea sul peso di ognuna delle fazioni taleban, ma anche sulle dinamiche che governano il movimento. Se infatti la scelta del mullah Haibatullah Akhundzada come “emiro” era scontata (è riconosciuto come tale dal 2016) e quindi come una sorta di Guida suprema all’iraniana, non è così per altri nomi. Cominciamo dal mullah Mohammad Hasan Akhund, indicato a sorpresa come premier. Akhund, che faceva parte della cerchia stretta del mullah Omar, appartiene alla tribù Kakar, e sarebbe quindi “super partes” nella rivalità tra le due maggiori confederazioni pashtun (Abdali e Ghilzai), da molti osservatori ritenute la causa delle lunghe consultazioni di questi giorni, tanto da richiedere la “mediazione” dei servizi d’intelligence del Pakistan. Un’altra sorpresa è la nomina del mullah Abdul Ghani Baradar a uno dei due vice premier, allorché tutti ritenevano sicura la sua ascesa al secondo posto nella catena di comando.

Baradar, 53 anni, dirige il Dipartimento politico dei taleban ed è imparentato con il mullah Omar che gli ha dato il soprannome di “Baradar”, ossia fratello. La sua scelta potrebbe essere un segnale positivo verso Washington. Nel 2010 sono stati, infatti, gli americani a chiedere al Pakistan il suo rilascio per guidare, un anno dopo, i colloqui di Doha. È stato Baradar a entrare, pacatamente con i suoi uomini armati, nel palazzo presidenziale di Kabul per la simbolica “cerimonia” del passaggio dei poteri. Significativa anche la scelta del mullah Mohammad Yaqub come ministro della Difesa. Non tanto perché è da tempo il responsabile delle attività militari dei taleban sull’intero territorio afghano, ma perché il suo nome rappresenta una rivincita all’abbattimento del regime dei taleban nel 2001.

Yaqub è, infatti, il figlio primogenito del mullah Omar, storico leader del movimento. La sua candidatura alla guida dei taleban era stata avanzata nel 2015, quando era stata finalmente data (dopo due anni) la notizia della morte del padre. La “Shura di Quetta”, però, aveva deciso diversamente a motivo della sua giovane età (oggi è poco più che trentenne) e relativa esperienza. Sarà difficile per la comunità internazionale 'digerire' due nomi in particolare. Il mawlavi Abdul Salam Hanafi, l’altro vice premier, e Sirajuddin Haqqani, che guiderà il dicastero dell’Interno. Hanafi, 52 anni circa, è sulle liste dell’Interpol ed è accusato di coinvolgimento nel traffico di droga.

È stato sicuramente scelto perché uzbeko, come a confermare che le altre etnie afghane sono rappresentate al vertice del nuovo governo. Haqqani è invece leader dell’omonima “Rete” responsabile degli attacchi terroristici a Kabul, dove gode di molteplici seguaci. Un altro “ritorno” è quello del mullah Amir Khan Muttaqi, assegnato agli Esteri. Muttaqi, sui 52 anni, è esperto di propaganda politico-religiosa (ha diretto le riviste multilingue del movimento), ma anche di tribune internazionali per aver guidato nel 2001 i colloqui con l’Onu prima dell’invasione Usa. È stato lui a incontrarsi, dopo la caduta di Kabul il 15 agosto, con Abdullah Abdullah e Hamid Karzai per discutere della riconciliazione nel Paese.

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