sabato 26 novembre 2016
Nel 2003 la punta più alta della repressione da parte del regime castrista con l'arresto di 75 oppositori pacifici, in quella che venne ribattezzata la «Primavera negra»
Una drammatica «primavera» tinta di nero
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E’ passata alla storia come “Primavera nera” la più grande purga di dissidenti pacifici messa in atto da Fidel Castro, ormai sul viale del tramonto. Il Líder Máximo approfittò della distrazione del mondo – concentrato sull’Iraq e l’imminente invasione irachena – per “liquidare” la crescente opposizione interna. All’alba del 18 marzo, i reparti della Securidad (la polizia politica) fecero irruzione nelle case di un centinaio di oppositori. Alla fine, portarono via 78 “pensatori critici”. Fra loro anche tre spie infiltrate che giocarono, poi, un ruolo chiave durante il processo di aprile, alquanto sommario. Il giudizio terminò con pesanti condanne per i dissidenti: da 6 a 28 anni. Furono liberati oltre sette anni dopo, grazie alla mediazione della Chiesa e la lavoro sottotraccia dell’allora arcivescovo dell’Avana, il cardinale Jaime Ortega. Gli arresti produssero un’ondata di indignazione sulla stampa internazionale.

Oltre venti giornalisti

Tra gli incarcerati figuravano oltre 20 reporter e intellettuali di spicco. Come il poeta Raúl Rivero, in passato uno dei “cantori” della Revolución, Héctor Palacios, leader del gruppo d’opposizione Todos Unidos e gli economisti Marta Beatriz Roque e Oscar Espinoza Chepe. Dal Papa all’Unione Europea, un coro di voci si levò per denunciare l’ingiustizia. Contro la “purga” si schierarono anche scrittori e pensatori di solito “morbidi” – se non apertamente vicini – con il castrismo. O almeno con quello che quest’ultimo aveva rappresentato negli anni Sessanta. Eduardo Galeano, José Saramago, Gunter Grass, Antonio Tabucchi, Carlos Fuentes e molti altri autori di indubbia fede “di sinistra” espressero perplessità sulle condanne. Suscitando le ire di Fidel. In un’intervista al quotidiano argentino “Pagina 12” (ripresa da Repubblica, il 12 maggio 2003), il Líder Máximo definì Saramago «un buono scrittore» che, però, «non aveva capito niente sulla realtà attuale di Cuba e del mondo».

La nascita delle “Damas de Blanco”

La “Primavera negra” segnò, dunque, una frattura tra l’opinione pubblica globale e la Revolución. Quest’ultima cominciava a perdere l’aura mitica di simbolo di resistenza «all’impero yanki» per diventare sinonimo di autoritarismo.L’opposizione a Fidel, invece, acquistò simpatie. A rappresentarla non erano più solo gli irriducibili dell’esilio. Ma facce nuove e ragionevoli di giovani, intellettuali e donne. Come le “Damas de Blanco”, le signore in bianco che, proprio dal 30 marzo 2003, ogni domenica, reclamano la democrazia marciando armate solo di un gladiolo.

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