venerdì 8 marzo 2013
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In questi giorni di tensione elevata in Estremo Oriente, ancora una volta il mondo guarda alla Repubblica popolare cinese, unico alleato di rilievo del regime nordcoreano e fino a pochi mesi fa suo protettore intransigente nel consesso internazionale. Una responsabilità grande, nel momento in cui il regime di Pyongyang è sempre più con le spalle al muro, delegittimato, con sempre minori risorse su cui contare per la propria sopravvivenza e quindi esponenzialmente più pericoloso.Dall’ultimo esperimento balistico nel dicembre 2012 e dal successivo test nucleare sotterraneo del 12 febbraio scorso, Pechino ha mandato segnali insieme di allarme e di insofferenza verso l’alleato che mostra di non poter controllare. Il vicino nordcoreano ha rappresentato finora un alleato opportuno perché Stato-cuscinetto con la Corea del Sud e di fatto con Paesi sottoposti all’influenza Usa e al suo ombrello nucleare in Estremo Oriente; scomodo perché davanti al rischio di una guerra al confine e di un crollo del regime nordcoreano che la coinvolgerebbe, Pechino ha ignorato più di una bizzarria di Pyongyang, fornendo alla dinastia Kim il necessario per sopravvivere in termini di derrate alimentari, prodotti petroliferi e tecnologia militare aggiornata.«Nel 2011 il commercio della Corea del Nord con la Cina è equivalso al 70 per cento del volume totale degli scambi. Lo sviluppo di risorse e infrastrutture, come pure la velocità e l’indirizzo della sua apertura economica sono ampiamente in mani cinesi e la Cina continuerà ad usare questa leva economica per i propri interessi nazionali», ricorda Jeffrey Choi, studioso dell’Università nazionale australiana. Le ultime sfide lanciate ai nemici “storici” e alla comunità internazionale da Pyongyang, ma anche il cambio della guardia ai vertici dello Stato cinese approvato dal Congresso nazionale del popolo in corso in questi giorni a Pechino, sono insieme per la Cina un’occasione e un pretesto per una svolta.Con quale consistenza? «La teoria “nessuna guerra, nessuna instabilità, nessuna atomica” nella Penisola coreana continua ad indicare le priorità di Pechino. Quello che la Cina teme è che un conflitto armato porti a una Corea unita sotto un governo filo-americano. In secondo luogo, la destabilizzazione provocata da un massiccio afflusso di profughi. Ultima in ordine di priorità, la preoccupazione che il Nord acquisisca una propria capacità nucleare», sottolinea Stephanie Kleine-Ahlbrandt responsabile del progetto Cina e Asia nordorientale dell’International Crisis Group.La disponibilità finora espressa da Pechino a convivere con una Corea del Nord nucleare finché il suo arsenale resta limitato e la situazione non attiva una vera corsa agli armamenti e una maggiore presenza militare Usa nella regione mostra ora seri limiti: come conseguenza delle provocazioni del Nord e dell’evidente affinamento delle sue capacità operative in campo missilistico e nucleare, Corea del Sud e Giappone hanno deciso costosi programmi di ammodernamento, soprattutto nel campo della difesa missilistica, e una linea più dura verso le future provocazioni. Mentre la rinnovata dirigenza di Pechino si muove cautamente per convergere sulle posizioni internazionali senza abbandonare il sostegno all’alleato, il rischio di conflitto si fa, anche per questo, più alto.
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