martedì 24 gennaio 2017
Domani una delegazione sarà a Washington per discutere del Nafta. E intanto il Paese si guarda intorno, alla ricerca di nuovi mercati
Il presidente messicano Enrique Peña Nieto, Ansa

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Né sottomissione né ostilità. La linea Peña Nieto per affrontare il “ciclone Trump” è sintetizzata nella parola “negoziato”. Con gli Usa, in primo luogo. Domani due inviati del governo messicano arriveranno a Washington per ridiscutere il North American Free Trade Agreement (Nafta), il trattato di libero scambio fra Washington, Città del Messico e Ottawa. Il presidente Enrique Peña Nieto ha dato indicazione ai delegati – il ministro degli Esteri, Luis Videgaray e quello dell’Economia, Ildefonso Guajardo - di mostrarsi disponibili alla trattativa. Senza, però, transigere su due punti: il rispetto dei diritti umani degli irregolari rimpatriati e la libertà di rimesse. Solo nel 2016, gli immigrati hanno inviato ai parenti in patria 24 miliardi di dollari. Una cifra consistente a cui il Messico non è disposto a rinunciare. Il timore è che la nuova Amministrazione decida di sviare i trasferimenti per pagare il muro lungo i 3mila chilometri di frontiera. Peña Nieto è convinto che la linea dura, al di là della retorica, non convenga neanche agli Stati Uniti. Il commercio quotidiano fra i due Paesi sfiora l’1,4 miliardi di dollari al giorno. Oltre 1,2 milioni di impieghi in California, Texas, Indiana, Wisconsin dipendono dalle esportazioni nella nazione confinante. In ogni caso, però, il Messico ha già pronto un piano alternativo: rafforzare i rapporti commerciali con il resto del mondo. Il Paese ha in vigore 46 trattati di libero scambio. L’idea è quella di stringerne di nuovi e conquistare nuovi mercati. A partire da quelli regionali di Argentina e Brasile. Sara sufficiente questo a contenere l’onda d’urto della nuova Casa Bianca? Un primo indizio di risposta potrebbe venire dall’incontro di mercoledì prossimo a Washington tra Peña Nieto e Trump.

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