giovedì 5 agosto 2021
Il padre non l'aveva trovata all'uscita della scuola. Giorni dopo gli è arrivato un video che documenta la sua conversione all'islam, certificata da un'organizzazione
La ragazzina rapita e convertita

La ragazzina rapita e convertita - Fermo immagine dal video che documenta la "conversione" all'islam

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Dal Pakistan ancora una denuncia del rapimento e della conversione forzata di una ragazzina cristiana. Lo riferisce AsiaNews, che riporta la testimonianza del padre, Gulzar Masih. Il 28 luglio l'uomo non aveva trovato sua figlia Cashman, 14 anni, all'uscita della scuola e ne aveva subito denunciato la scomparsa. A distanza di pochi giorni, alla famiglia sono stati inviati un video e i documenti della giovane, che a detta dei rapitori si sarebbe convertita all'islam di sua spontanea volontà.

Gulzar, guidatore di risciò, si è rivolto ripetutamente alla polizia, senza ottenere nulla. La vicenda è venuta alla luce grazie all’interessamento di Robin Daniel, attivista per i diritti umani di Faisalabad. “Le autorità del Punjab dovrebbero svolgere il loro ruolo per scagionare le bambine che vengono rapite”, ha commentato Daniel, chiedendo che venga intrapresa un’azione legale contro i rapitori: “Finché questi sequestri continueranno indisturbati, tutte le ragazze minorenni e le loro famiglie si sentiranno insicure”.

Muhammad Ijaz Qadri, presidente distrettuale dell’organizzazione Sunni Tehreek, ha certificato con una lettera la conversione di Cashman, il cui “nome islamico d’ora in poi sarà Aisha Bibi”. L'organizzazione fa parte del movimento Barelvi, che si prefigge di preservare l’islam del subcontinente indiano e alla quale aderisce il 60% dei musulmani pachistani.

In occasione della Giornata della minoranze, che si tiene in Pakistan l’11 agosto, Daniel organizzerà un'iniziativa di protesta. “Non resteremo in silenzio - dichiara l'attivista - ma chiederemo al governo di garantire la libertà e la sicurezza delle minoranze religiose”.

Assalto a tempio indù dopo l'atto "blasfemo" di un bimbo con disturbi

Non solo i cristiani hanno vita dura in Pakistan: lo stesso accade alla minoranza induista. La polizia riferisce dell'assalto a un tempio induista a Rahim Yar Khan, nel centro del Paese. Quasi 200 persone hanno dato l'assalto al tempio ieri notte, sfondandone porte e finestre, e altre 500 hanno bloccato per tre ore la principale autostrada che collega il Punjab con la provincia di Sindh.

All'origine della violenta protesta c'è il rilascio su cauzione di un undicenne indù accusato di blasfemia per avere orinato in un seminario musulmano. A denunciarlo era stato un religioso. La famiglia si era scusata pubblicamente e aveva detto che il bambino soffre di disturbi mentali. La decisione del tribunale di liberarlo, pur non archiviando l'accusa, ha fatto esplodere la furia dei manifestanti, i quali hanno chiesto che il bambino fosse arrestato o consegnato loro. Le forze dell'ordine hanno trasferito in una località "sicura e sconosciuta" tutta la famiglia.

I manifestanti continuano ad assediare il tempio, che è stato circondato dalla polizia. L'edificio è l'unico luogo di culto disponibile per le 80 famiglie induiste che vivono a Bhong, nella provincia del Punjab.

La dura legge contro la blasfemia in vigore in Pakistan risale all'epoca coloniale. La norma voluta dai britannici per evitare scontri interreligiosi fu poi riformata più volte negli anni '80 dal dittatore Mohamed Zia-ul-Haq, che la rese più suscettibile agli abusi.

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