sabato 11 giugno 2022
Gli ucraini contattano direttamente chi cerca notizie del proprio caro al fronte. Decine gli attivisti impegnati nella «caccia»
Corpi di soldati russi recuperati vicino a Kharkiv

Corpi di soldati russi recuperati vicino a Kharkiv - Epa / Ansa

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Chiedere alle istituzioni del proprio Paese che fine abbia fatto il proprio figlio, attendere invano una risposta e, alla fine, trovare la sua foto su un canale Telegram ucraino, con l’annuncio che è morto. Si tratta del destino toccato a centinaia di famiglia russe fin dall’inizio del conflitto.

Una mossa, quella di Kiev tesa non solo ad aiutare tanti genitori a capire se i propri figli siano vivi, ma che ha anche una finalità ben precisa: fare prendere coscienza ai russi che quella che la propaganda spaccia per «operazione militare speciale» è in realtà una guerra a tutti gli effetti, che sta costando migliaia di vite umane. Certo, un metodo forte ai limiti del cinico dove madri, padri e mogli sono strette fra la Russia che non vuole dire la verità e l’Ucraina che gliela sbatte in faccia.

All’inizio del conflitto sono nati diversi canali Telegram, sui quali venivano postate le foto dei caduti e dei feriti gravi. Nel primo caso, spesso i corpi erano talmente straziati che di fianco era necessario porre il documento di identità, quando questo era disponibile, perché, in molti casi, era stato ritirato dai russi.

Ora gli ucraini hanno fatto un passo in avanti e contattano direttamente le famiglie che stanno chiedendo invano notizie del proprio caro al fronte.

Si tratta di una iniziativa ampiamente supportata dalle istituzioni e che vede decine di attivisti della rete e volontari compiere ogni giorno un capillare lavoro di ricerca sui social di genitori che stanno cercando i propri figli. A questo punto, avviene il confronto fra i dati e le immagini postate dalle famiglie e quelle in possesso dei database ucraini. Fino a quando non si passa al contatto, che avviene il più delle volte attraverso intermediari, come i “volontari della rete” della IT Army, gli stessi che stanno prendendo di mira la Russia con attacchi cibernetici, o russi che divulgano aggiornamenti sulla guerra i cui account Instagram hanno un seguito particolarmente importante.

Decine di famiglie hanno saputo che il loro figlio è morto, e che magari aveva perso la vita già da settimane, in questa maniera. Strazio nello strazio, in molte occasioni ci sono stati genitori che hanno accusato gli ucraini di aver pubblicato foto false o opportunamente ritoccate, salvo poi doversi rendere conto che le immagini erano vere e che i loro cari sono ancora lì, in territorio ucraino, perché i russi non hanno nemmeno riportato in patria i corpi per dare loro degna sepoltura.

Alcune madri si sono rifiutate di riconoscere i presunti figli, perché, in assenza di un documento di identità e con il corpo in avanzato stato di decomposizione, il margine di errore diventa consistente. E quindi devono vivere con non solo con il dubbio se il figlio sia vivo o morto, ma se il giovane che hanno visto in foto fosse lui o meno. Secondo Mosca i caduti dall’inizio della guerra sono meno di 2mila, secondo Kiev sono oltre 25mila. Una cifra, se confermata, enorme. Di sicuro, il morale fra le truppe di Mosca non è alto. Da settimane si rincorrono voci di soldati che si consegnano al nemico e che si rifiutano di combattere.

Ieri, sempre da parte ucraina, è arrivata la notizia che una cospicua parte della fanteria russa stanziata nella zona di Kharkov, alla regione filorussa di Lugansk, dove i russi hanno concentrato i loro attacchi per cercare di controllare il Donbass, si è rifiutata di combattere. Segno di uno scoramento da parte delle truppe, poche e male addestrate, e di una operazione militare speciale che va avanti da troppo tempo e nella quale ormai crede quella che è ormai una minoranza all’interno del Cremlino.

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