venerdì 1 giugno 2018
Il popolare è stato sfiduciato con 180 voti: determinanti i baschi. Ora il socialista dovrà guidare il Paese alle delicate elezioni anticipate
L'addio di Mariano Rajoy alla politica? Il premier dopo il voto abbandona il Parlamento di Madrid /Ansa)

L'addio di Mariano Rajoy alla politica? Il premier dopo il voto abbandona il Parlamento di Madrid /Ansa)

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È stato proprio il premier spagnolo uscente Mariano Rajoy il primo a congratularsi ufficialmente con il suo successore, il leader socialista Pedro Sánchez, che diventerà il nuovo capo del governo. "Da democratico” Rajoy ha detto di accettare il risultato del voto che lo ha visto sfiduciato grazie a 180 deputati favorevoli su 350. Oltre ai socialisti hanno appoggiato Sanchez anche Podemos, i partiti catalani, Erc e PDeCAT, i nazionalisti baschi del Pnv e di Bildu. Per il meccanismo previsto dall'articolo 114 della Costituzione spagnola, Rajoy e i suoi ministri dovranno presentare le dimissione al re Felipe VI, che nominerà Pedro Sanchez nuovo capo del governo. Il nuovo premier si conquista, così, il suo capitolo nella storia spagnola come primo politico a spodestare il presidente del governo attraverso una mozione di sfiducia. Determinante, per la caduta del primo ministro, è stato lo scandalo, noto come “caso Guertel” che ha messo in luce una corruzione endemica a livello istituzionale nella quale erano coinvolti, oltre ai politici, anche la magistratura.

Dallo scandalo corruzione all'ora di Pedro

È l’ora di Pedro Sánchez. In quanto autore della mozione di sfiducia – la prima ad essere andate a buon fine delle quattro presentate negli ultimi quarant’anni - il segretario socialista diventa automaticamente premier. Non è detto, però, che riesca a governare nei prossimi mesi. Ovvero a tradurre in sostegno continuativo al proprio esecutivo – di minoranza dato che il Psoe è stato il partito con meno preferenze alle ultime politiche -, i voti contro Rajoy. Per il momento, però, Sánchez si gode il successo che arriva dopo anni difficili, in cui il giovane leader è stato “messo alla porta” dai suoi stessi compagni di formazione. Il segretario, tornato in sella, è stato abile nel costruire la disfatta di Rajoy. Cogliendo l’opportunità del maggior scandalo della democrazia spagnola. E portandola a compimento con un misto di audacia e spregiudicatezza. Per coagulare il fronte anti-Pp, Sánchez ha confermato gli impegni di bilancio del predecessore. Inclusi i cospicui finanziamenti al partito nazionalista basco (Pnv), ago della bilancia alle Cortes. Proprio grazie a quest’ultimo è riuscito nell’intento. Ora, però, dovrà riuscire a tenere a bada le sue pretese. E soprattutto quelle dei separatisti catalani. La Spagna dovrà fare i conti però anche con una "tangentopoli" che in oltre un decennio è stata tenuta letteralmente a "bagnomaria" per poi esplodere nelle scorse settimane con le condanne per corruzione ai vertici del Partito popolare. Ma che ha portato a galla un sistema di finanziamenti trasversale alla politica. E gli effetti del terremoto, dicono, non sono ancora finiti.

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