martedì 12 aprile 2022
Trecento persone ogni anno muoiono annegate nel Rio Grande per scampare alla repressione del regime ed emigrare negli Usa. E nella città di Esteli si organizzano corsi di nuoto gratuiti
Fuga a nuoto dalla dittatura di Ortega: ecco i corsi gratis per i migranti

Foto Ansa

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"Nicaragua, el gulag centroamericano". Il titolo del Pais di un anno fa spiega in modo sintetico il Paese centroamericano. "Quelli che prima sostenevano l'ex dittatore Anastasio Somoza, poi sono diventati ribelli Contra negli anni '80, infine oggi sono gli scagnozzi di Daniel Ortega", dicono gli oppositori del regime. Ma la storia del Nicaragua si comprende meglio con un grandangolo sugli oppressi: 100mila persone hanno lasciato il Paese negli ultimi anni per scappare dalla violenta repressione del regime di Ortega. E, tra quelle, 300 persone ogni anno non ce la fanno a fuggire e muoiono annegati nel Rio Grande, e con loro anche la speranza di raggiungere gli Stati Uniti.

Dopo la violenta repressione dei moti di piazza dell'aprile del 2018, con oltre 400 morti tra le barricate di Managua, ora la repressione sta diventando chirurgica; si cercano i nemici casa per casa, si censura qualsiasi voce critica. Il governo di Ortega è arrivato a togliere carta e inchiostro ai giornali. Il tutto sullo sfondo di una crisi economica aggravata da una pandemia che Ortega ha negato fino all'ultimo. Il matrimonio tra neoliberismo e populismo, il mix di sussidi e deregolamentazione dei diritti dei lavoratori, che aveva sostenuto tra il 2008 e il 2016 una crescita del Pil superiore al 5%, si è arrestata. La situazione economica è sempre più preoccupante e la scure della repressione non risparmia neanche gli imprenditori, che pure avevano beneficiato del "laissez faire" del governo.

Oggi dal Nicaragua si vuole fuggire, in ogni modo. E il protocollo è quasi sempre lo stesso. I migranti nicaraguensi escono dal Paese in bus e raggiungono il Guatemala dove incontrano i 'coyote', i trafficanti che aiutano i migranti a nascondersi all'interno delle auto alla volta del Messico.

Qui però c'è l'ostacolo più arduo da superare: il Rio Grande. Il fiume lungo più di duemila chilometri rappresenta la frontiera naturale tra Messico e Stati Uniti, ed è noto per le sue forti e pericolose correnti nei giorni di piena. Ultima barriera prima della richiesta di asilo politico negli Stati Uniti e quindi della salvezza, il fiume che nasce nelle Montagne Rocciose del Colorado diventa troppo spesso un cimitero per centinaia di nicaraguensi.

Il perché lo spiega un rapporto dell'ufficio dogane degli Stati Uniti: "I trafficanti promettono ai migranti un aiuto per navigare il fiume in barca, chiedendo in cambio somme molto elevate, ma spesso non rispettano gli impegni presi e i migranti si trovano costretti a traversare il fiume a nuoto". I testimoni parlano di circa cinquemila dollari versati a gruppi criminali che trasportano i migranti insieme alla droga. Anzi, peggio. Si tratta di "narcos" che non si fanno scrupoli ad attirare l'attenzione delle autorità americane sui migranti per contrabbandare droga pochi metri più in là.

Nonostante questo però solo tra gennaio 2020 e febbraio 2022 sono stati intercettati 111mila nicaraguensi in fuga. Le torture e gli stupri dentro le carceri del Paese, le violenze delle autorità e gli arresti arbitrari, denunciano gli attivisti per i diritti umani, spesso fanno più paura della morte per annegamento. Eppure, c'è chi non si rassegna all'idea che occorre scegliere tra vivere senza libertà e morire ricercandola.

Dopo che lo scorso mese altre quattro donne sono morte annegate, la città di Esteli, 150 chilometri a nord di Managua, ha deciso di organizzare corsi di nuoto e sopravvivenza. I social e le radio li pubblicizzano e molte donne sole, disoccupate o con un reddito appena sufficiente a comprare cibo per i figli stanno decidendo di iscriversi. Perché questi corsi sono gratuiti e non è poco. Chi fugge dalla dittatura di Ortega spende una somma che varia dai 5mila ai 14mila dollari e non ci sono abbastanza risorse per dei corsi di nuoto. Mario Venerio, un bagnino con trent'anni di esperienza, ha deciso di mettere i suoi talenti a servizio di queste persone in fuga. "Oltre al nuoto insegno le tecniche di sopravvivenza e i primi soccorsi", dice Venerio.

Non è la prima volta che il nuoto serve la causa delle migrazioni. Nel 2015 la nuotatrice siriana Yusra Mardini riuscì a salvare da un naufragio 18 persone. E' il 2015, la guerra devasta la Siria e Yusra decide di mettersi in viaggio. Si imbarca insieme ad altre 18 persone su un gommone che ne può contenere al massimo nove. Nel bel mezzo del viaggio verso la Grecia un temporale si abbatte sull'imbarcazione. Il barcone sta lentamente affondando, quando Yusra si tuffa in acqua e con altri due uomini la tiene a galla, trascinando la barca per tre ore e mezzo fino all'approdo sull'isola di Lesbo. "Scappavo dalle bombe", disse allora Yusra.

Oggi invece i nicaraguensi fuggono dalla repressione. La Commissione interamericana sui diritti umani (IACHR) nel suo report pubblicato lo scorso 14 marzo conferma che nelle carceri nicaraguensi "ci sono maltrattamenti, restrizioni alimentari, assenza di cure e mancato rispetto dei protocolli contro il covid nonché minacce e molestie alle famiglie in visita". Molti studenti e giornalisti denunciano anche oggi l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine di "waterbording e scosse elettriche". Le persone fuggono dal Nicaragua con una frequenza media di 4mila persone al mese.

Persino un ex fedelissimo del presidente come McFields Yescas, ex giornalista di Canal 12, sostiene: "Nel mio Paese c'è la dittatura, impossibile difenderla". Centinaia di donne e uomini stanno imparando a nuotare per fuggire da questo "gulag centroamericano".
























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